Libia, Turchia accelera invasione e Tripoli respinge Di Maio: “Oramai è tardi, siete inutili”

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A Tripoli critiche all’Italia per il viaggio di Di Maio e dei ministri Ue: “Oramai è tardi, siete inutili”

La Turchia viaggia a tutta forza verso un intervento militare diretto in Libia. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha confermato che ha tutte le intenzioni di “sostenere il governo libico riconosciuto a livello internazionale, e di applicare tutti gli accordi presi”. Significa che verrà applicato anche l’accordo di Difesa che Tripoli e Ankara hanno firmato il 27 novembre. Un accordo che prevede che la Libia possa chiedere aiuto militare diretto alla Turchia.

Nei prossimi giorni il parlamento turco voterà il dispiegamento di migliaia di soldati turchi in Libia.Nel frattempo, Erdogan invia miliziani islamici. Mentre gli Emirati mercenari sudanesi a rinforzo di Haftar.

Da una parte Tripoli, con i miliziani di ISIS sostenuti da Turchia, Qatar e sauditi con armi americane. Dall’altra Haftar con mercenari emiratini e armi russe. L’Italia in mezzo. E ad un barcone. In Libia si rischia se non la terza guerra mondiale combattuta per procura, una riedizione di quella siriana: e sarebbe, per l’Italia, una catastrofe.

“Il caos libico rischia di farci catapultare foreign fighters dell’ISIS già combattenti in Siria direttamente in Sicilia”. E’ l’allarme lanciato dall’ammiraglio De Felice.

Quello che mi preoccupa è l’incosciente spola delle navi ONG tra le coste libiche e l’Italia, potenziali traghettatori di cellule terroristiche. Ricordo che con la Sea Watch 3 di Carola Rackete arrivarono i tre torturatori libici poi arrestati.

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“La politica dei porti aperti non può che accentuare il fenomeno. Il Viminale già a Natale aveva emesso un’ordinanza con cui parlava di «persistenza della minaccia terroristica internazionale».
Ma c’è qualcosa in più da evidenziare: ben presto avremo in Libia combattenti stranieri che oltre a minare la sicurezza nazionale con il controllo del rubinetto dei flussi migratori, delle armi e della droga, avremo degli eserciti di mercenari che condizioneranno pesantemente i nostri interessi economici ponendo le mani sulle concessioni petrolifere ENI, sulle piattaforme off-shore e sul gasdotto Greenstream che collega la Libia con Gela, da lì nella rete nazionale fino a permettere alle nostre casalinghe di Verona di preparare il caffè ogni mattina.

“Ciò che mi sconcerta non è tanto quello che fanno le altre nazioni come la Turchia o la Russia, ma quello che non fa il nostro Governo per tutelare i nostri interessi nazionali in Libia. La conservazione della libertà di un popolo è direttamente proporzionale alla capacità del suo governo di tutelare i suoi interessi nazionali. Senza degli statisti capaci di definire e di attuare una strategia di sicurezza nazionale, l’Italia è persa.”

Lo diciamo chiaramente a Salvini: questo governo e questo presidente della Repubblica mettono a rischio la sicurezza nazionale. E’ tempo di fare qualcosa. E’ tempo di chiamare il popolo contro i palazzi. Di chiamare a raccolta, se serve, i militari.

Non è pensabile che con i miliziani islamisti inviati da Erdogan in Libia, noi si stia qui a temporeggiare con quella bagascia politica di Conte. Rischiamo, con la folle politica estera e migratoria di questo governo abusivo, di trovarci i miliziani di Isis direttamente in Sicilia.

Il ponte aereo organizzato dalla Turchia per l’afflusso di jihadisti in Libia continua. Mentre vanno avanti i combattimenti a Tripoli, ormai di fatto assediata dalle truppe del generale Khalifa Haftar, Ankara schiera terroristi a fianco delle forze governative di al Sarraj.

La rivelazione del magazine di geopolitica Ofcs.report relativa al reclutamento di miliziani islamici di al Qaeda e Isis da parte della Turchia, ha scatenato polemiche e suscitato la smentita da parte del governo di Sarraj.

Ma, secondo Ofcs, ci sarebbero conferme da parte turca con la rivelazione dei voli utilizzati per il trasferimento dei terroristi islamici ad un barcone dall’Italia.

E l’operazione di Erdogan, non ha mancato di suscitare numerose proteste più o meno velate per lo sfrontato utilizzo di mercenari siriani con trascorsi jihadisti che, dal teatro di guerra mediorientale, vengono improvvisamente trasferiti a poche centinaia di miglia marine dalle nostre coste.

Al momento non si registrano flussi di ‘profughi’ alla frontiera con la Tunisia. Del resto neanche all’apice della vera guerra libica, quella del 2011, i libici lasciarono il loro ricco paese.

Medesima situazione in Algeria dove la presidenza della Repubblica ha informato che il Consiglio supremo di sicurezza algerina “adotterà le misure idonee per proteggere i confini con la Libia e il Mali”.

Una situazione in divenire che allarma, però, l’Italia per le possibili infiltrazioni terroristiche sulle rotte dell’immigrazione clandestina che, in considerazione dello stato di tensione in Libia, potrebbero improvvisamente esplodere. E già sono raddoppiate negli ultimi mesi.

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Qui siamo all’assurdo. Abbiamo un governo di cerebrolessi (non è un errore di ortografica) che si fa inviare sotto casa migliaia di miliziani islamici e presto direttamente soldati di una potenza straniera ostile.

Erdogan sta applicando all’Italia una manovra a tenaglia politica e militare. Intanto noi teniamo i soldati in Libano, Iraq e Afghanistan. E agli Esteri abbiamo Di Maio.

L’immigrazione è un’arma di guerra. Solo noi non lo comprendiamo. Erdogan ci manda ormai decine di velieri carichi di clandestini islamici al mese. Mentre invia soldati in Libia per destabilizzare ulteriormente quel Paese, in vista di un assalto di barconi: e noi teniamo i nostri soldati in Libano e Afghanistan per una marchetta a chi sappiamo. E’ ridicolo.

Tutto questo si iscrive nel tentativo di espellere l’Eni dallo sfruttamento dei giacimenti ciprioti che la Turchia, che occupa illegalmente da decenni la parte nord dell’isola (fa parte della NATO!), considera propri.

Quello buono, tra i due, era Assad: laico, occidentale e criptocristiano.

E noi, intanto, con la minaccia afroislamica alle porte, abbiamo 6.290 soldati permanenti nelle varie missioni (nel 2018 erano 6.309), più un altro migliaio per un tempo limitato per una consistenza massima di circa 7.400 unità per il 2019.

Il maggior numero di militari è in Medio Oriente e Asia islamica (46% del totale) e, a seguire, ‘Europa’ (34%) e Africa (20%) mentre il continente con più missioni operative è quello africano, 18 sulle 43 complessive.

Ecco dove sono, ad oggi, i nostri ragazzi:

Noi non contestiamo, come i pacifisti, l’utilizzo dei militari: ne contestiamo i luoghi dove vengono utilizzati.

Perché abbiamo 1.216 soldati italiani a pattugliare il confine tra Libano e Israele, invece di quello italiano tra Friuli e l’Istria, da dove ogni giorno entrano centinaia di clandestini?

Perché abbiamo 1.112 soldati in Iraq, invece di averli a difendere l’interesse nazionale italiano in Libia?

Perché abbiamo 800 italiani in Afghanistan, a quasi venti anni dalla fine della guerra, invece di averli qui, pronti ad ogni evenienza?

Qualcuno ci deve spiegare quale interesse nazionale italiano si difende, nel pattugliare il confine tra Israele e Libano. Quale?

Tra poco un’orda ‘umana’, indirizzata dai soldati turchi, si riverserà sulle nostre coste. E noi teniamo i nostri militari dall’altra parte del mondo. Rovesciare il governo abusivo e richiamarli a casa. A combattere le nostre guerre. A difendere i nostri confini.