Gambia chiede all’Italia di rimandare indietro tutti gli immigrati: “Ne abbiamo bisogno”

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In Italia sono sbarcate migliaia di gambiani che hanno richiesto asilo. Per lo più spacciano. A casa loro non c’è mai stata la guerra.

Come si vede l’immigrazione impoverisce anche i paesi d’origine:

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Nella primavera dei 2016 dai microfoni di Rsi Radio di Dakar aveva denunciato l’esistenza di «una strategia per costringere i disperati del mio Paese a fuggire e a riversarsi nel Mediterraneo, creando problemi di stabilità a nazioni come l’Italia». Pochi giorni dopo le sue dichiarazioni venne arrestato e morì in carcere per le conseguenze di un feroce pestaggio. Oggi a guidare il movimento, lo stesso del presidente Barrow, c’è Ousainou Darboe, che ha scontato una pena detentiva di tre anni dopo essere stato arrestato durante una protesta pacifica del 2014, poi liberato insieme ad altri 40 sostenitori dell’opposizione. Darboe è spiazzato dall’atteggiamento dei suoi connazionali in Europa.

«Migliaia di nostri figli hanno lasciato il Paese rischiando la morte e allo stesso tempo ci hanno privato delle loro potenzialità, per noi essenziali. La ripresa economica non è più un miraggio. Ma senza forza lavoro non saremo in grado di costruire strade e ferrovie, di aprire un nuovo aeroporto, e soprattutto di far ripartire i settori dell’agricoltura e del turismo». Senza dimenticare che anche la ritrovata libertà di stampa ha generato ottimismo tra la popolazione. «C’è stato una sorta di boom dei media dopo la dittatura – segnala Barrow, che di recente ha ottenuto la «benedizione» di Tony Blair, nei panni di avvocato esperto di diritti umani – Ora abbiamo circa quattro canali televisivi, prima era uno. Ora le radio fanno una rassegna dei giornali in inglese e nelle lingue locali. I giornalisti della stampa sono audaci e c’è un’enorme presenza dei media online. C’è pluralismo e diversità, le persone stanno approfittando della varietà delle piattaforme per esprimere punti di vista e opinioni».

Per ora, con manovalanza prevalentemente cinese, è stato inaugurato il ponte «Senegambia», che collega le due sponde del fiume Gambia e che consentirà di incrementare il commercio e di promuovere l’integrazione sub-regionale attraverso Dakar (Senegal), Banjul (Gambia), Bissau (Guinea), Cotonou (Bénin), Abidjan (Costa d’Avorio) e Lagos (Nigeria). Al culmine di tale percorso, lo scorso febbraio, il Gambia ha raggiunto l’obiettivo del ritorno in seno al Commonwealth. Il ministro Mambury Njie di fronte alle prospettive di sviluppo, ma alla mancanza di manodopera, ha lanciato un messaggio provocatorio, ma fino a un certo punto. «Continueremo a insistere per il rimpatrio dei nostri connazionali, ma non abbiamo più tempo da perdere. Di recente sono stati aperti tavoli diplomatici con Senegal, Guinea e Guinea Bissau per reperire forza lavoro dall’estero».




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