Anpi invita studenti a «scendere in piazza in modo violento»: ragazzi se ne vanno

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Gli studenti abbandonano il convegno organizzato dall’Anpi all’istituto “Da Vinci” di Civitanova, e i pronipoti dei partigiani se la prendono. Dando la colpa ad un professore.

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Un professore di storia e filosofia, Matteo Simonetti, reo di avere duramente contestato i relatori: Andrea Martini, autore del libro Dopo Mussolini — I processi ai fascisti e ai collaborazionisti, il presidente provinciale dell’Anpi Lorenzo Marconi e il consigliere Pier Paolo Rossi.

Durante l’intervento di Martini molti alunni hanno deciso di allontanarsi dall’aula, chiedendo il permesso ai docenti. E questo non è andato giù ai sepolcri imbiancati dell’Anpi che vorrebbero obbligare le persone ad ascoltare i loro deliri.

Ma il picco di maggior tensione si è registrato quando ha preso la parola il professor Matteo Simonetti, che ha dichiarato di aver assistito ad un «comizio e ad un dibattito a senso unico», sostenendo «la necessità di un incontro che preveda un contraddittorio». «È vietata solo la ricostituzione del partito fascista, ma va comunque garantita sempre libertà d’opinione, nell’ambito delle regole democratiche» ha detto Simonetti, che ha poi puntato il dito contro i libri di scuola, spesso «scritti con ricostruzioni storiche inesatte».

Martini si è detto «preoccupato» per le tesi esposte, Marconi ha parlato di «provocazione». «Si vergogni — ha tuonato il consigliere comunale Pier Paolo Rossi — se lei oggi può dire quello che dice è solo perché siamo in democrazia e perché c’è chi ha lottato per ottenerla». Di diverso avviso il preside dell’istituto, Pierluigi Ansovini, secondo cui il comportamento del docente è da ritenersi nei «limiti della libertà di espressione e insegnamento», ricordando che «nessuno è andato fuori dai termini della liceità» e sostenendo che «il professore ha solo riferito delle posizioni storiografiche, condivisibili o meno: poi tutto nella storia è soggetto a revisione, il negazionismo quando si tratta di rivedere certe posizioni storiche è legittimo, che ci piaccia o no».

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Il giorno dopo, gli studenti presenti all’incontro, hanno diffuso un comunicato, in cui spiegare che sì, loro se ne sono andati, ma di loro spontanea volontà: «Abbiamo ritenuto opportuno seguire la conferenza, poiché gli argomenti trattati potevano essere spunti di riflessione. Ma la presentazione del libro ha avuto un ruolo estremamente marginale, specialmente nella seconda parte della conferenza, che, man mano, ha iniziato a prendere una sempre più evidente piega politica. Questo “malcelato schierarsi” ha provocato una reazione abbastanza forte da parte degli stessi studenti: sono stati alcuni di loro infatti, a chiedere ai professori di poter andarsene ritenendo poco appropriato l’approccio con cui venivano ricostruiti i fatti storici».

Al termine della seconda ora di convegno, erano pochi gli studenti rimasti», mentre gli stessi organizzatori «hanno contestato la loro decisione di andarsene (a noi è stato direttamente imposto di rimanere)».

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, quando i relatori hanno invitato gli studenti a fare le ‘sardine’ e a «scendere in piazza in modo violento» contro le manifestazioni di destra.

A quel punto è intervenuto Simonetti sostenendo che, «nel momento in cui si decide di trattare argomenti estremamente delicati come questo, occorre una pluralità di opinioni e fonti, in linea con un vero approccio storiografico». Per tutta risposta, i relatori hanno dichiarato che «in una democrazia non tutte le opinioni possono essere accettate» e «quando si parla di Resistenza non occorre una controparte». A quel punto «al professore è stato strappato il microfono dalle mani», e uno dei consiglieri comunali di Civitanova lo ha accusato «di non essere degno di insegnare». «Abbiamo visto come la paura del diverso pensiero possa accecare qualcuno e radicalizzarne la posizione, impedendo così una qualsiasi forma di dialogo civile. Quando poi questi valori vengono schiacciati dagli stessi che, fino ad un minuto prima, ne erano fieri portatori, ecco che la libertà per cui tanto hanno lottato i nostri predecessori viene frantumata», è la conclusione-riflessione degli studenti, che chiosano sottolineando «quanto sia soffocante la censura, specialmente se giustificata dal buon nome della democrazia».




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