Sinistra non vota cittadinanza onoraria a sopravvissuta Foibe

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Ormai Segre è cittadina onoraria di ogni Comune italiano. Chi si rifiuta di darle la cittadinanza onoraria, visto che è diventata una barzelletta, viene tacciato di ‘antisemitismo’. E sono gli stessi che odiano Israele.

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Poi, scopri che a Bassano la sinistra esce dall’aula per non votare la cittadinanza onoraria ad una sopravvissuta alle foibe: l’olocausto italiano non deve essere riconosciuto.

La donna ha 78 anni, e vive a Rovereto col marito ingegnere. Si chiama Egea Haffner è una delle 350mila vittime italiane della pulizia etnica slava in Istria e Dalmazia.

Una dei 350mila italiani profughi in Patria dalle terre giuliane, istriane e dalmate. Una di loro:

E così la piccola Egea fu costretta a lasciare la sua terra natia a 5 anni. Del padre non s’è saputo più nulla. Sarà finito in una delle ferite della terra istriana chiamate foibe.

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La signora Haffner ha rifiutato la cittadinanza onoraria di Bassano del Grappa dopo avere appreso del voto contrario della sinistra. Altra levatura rispetto a chi fa incetta di ‘cittadinanze’: «Certamente sono onorata di questa iniziativa, ma nessuno mi ha prima avvisato e ho saputo il tutto qualche ora fa. Tuttavia, non ho alcuna intenzione di accettarla. Io ho già ricevuto dall’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, la “medaglia commemorativa del Sacrificio offerto alla Patria” conferita a mio padre, Kurt Haffner, e mi basta. Adesso non voglio essere strumentalizzata dalla politica».

«Non si può non vedere in tutto ciò una certa strumentalizzazione politica. D’altronde, vedere consigli comunali che si scontrano su relative mozioni, prima presentate, poi ritirate, non può che avvalorare la tesi. Da quanto mi risulta, inopinatamente, in questi giorni diverse amministrazioni comunali hanno dato vita a simili iniziative nei miei confronti. Una serie di mozioni a cui è stato abbinato il mio nome a quello della senatrice Segre, per un riconoscimento di cittadinanza onoraria. Se qualcuno l’ha fatto ha sbagliato e quando ne verrò a conoscenza, scriverò un “no grazie”».

Già. Ma la storia non può essere selettiva. O si ricorda tutto, e si onora la memoria di tutti. Oppure è esercizio di manipolazione.

«Sono due storie diverse che devono essere ricordate separatamente se si vuole in qualche modo conciliarle. Nel momento invece in cui vengono contrapposte le persone che ne sono il simbolo – e in questo caso io, mio malgrado, per quella celeberrima mia foto da piccola con la valigia in mano in partenza da Pola – per una lotta politica, si genera confusione e si rischia di essere irrispettosi nei confronti degli stessi protagonisti».

«È un dovere informare le nuove generazioni di quello che è il passato. Io ho portato diverse testimonianze nelle scuole, fino a pochi anni fa nessuno ne parlava. Una delle prime grandi iniziative è stata quella del direttore del Museo Storico della Guerra di Rovereto, che grazie alla sua sensibilità nel 1997 organizzò la mostra “Istria: i volti dell’esodo”. Per la sua realizzazione, furono raccolti cimeli e foto di quelle tragiche giornate. E a simboleggiare l’evento quella foto di una bimba dai capelli a boccoli, l’Esule giuliana 30001 e che sono io».