Insegnante imbarazza sinistra: “Alunni immigrati non si sentono italiani”

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Visto che le nostre scuole sono sempre più invase dai figli degli immigrati, con costi insostenibili per la collettività, e che la ex sinistra insiste con la vergogna della cittadinanza ai figli degli immigrati, è interessante riscoprire cosa pensano i diretti interessati: per loro la cittadinanza italiana è solo un mezzo per avere vantaggi e muoversi liberamente nella Ue.

Marcello Foa, oggi presidente dalla Rai, pubblicò tempo fa la lettera ricevuta da un’insegnante, in cui la professoressa spiegò l’insensatezza dello ius soli, oggi declinato a ius culturae:

Sono un’insegnante di un istituto superiore. Nelle mie classi ho ragazzi stranieri stupendi e ragazzi italiani cialtroni e prepotenti ma potrei dire per alcuni casi anche viceversa. Devo riconoscere che il PD renziano che inizialmente mi ha attratto politicamente ora sulla questione dello Ius soli mi sta deludendo.

Forse l’opinione pubblica non sa che già molti ragazzi di origine straniera sono italiani o che possono ottenere (PURTROPPO NDR..) la cittadinanza italiana su richiesta al raggiungimento del diciottesimo anno. Quindi tutti questi piagnistei della Sinistra sostenuti dalla Chiesa cattolica non li capisco. E poi molti dei cosiddetti minori non accompagnati che sbarcano a centinaia sulle nostre coste spediti da genitori disperati (ma che procreano nonostante le mille difficoltá) in realtà si tolgono due anni come minimo per risultare più distanti dalla maggiore età. Me lo ha rivelato una ex mia studentessa dicendomi che è prassi diffusa. Pure lei aveva i dati anagrafici alterati, ma era una gran brava ragazza e l’ ho aiutata come ho potuto fino alla fine del suo iter scolastico.

Ho poi studenti di origine magrebina, cinese o indiana molto legati alle loro origini e tradizioni per i quali cinque o sei anni di scolarizzazione non bastano a farli sentire italiani.

Vi sono delle eccezioni ovviamente, ragazzi e ragazze integrati e aperti, desiderosi sul serio di condividere i nostri valori e la nostra Storia, determinati a farsi una istruzione e posizione, ma altri non si sentono di appartenere alla cultura italiana o di frequentare italiani fuori dalla scuola. A scuola e fuori si autoghettizzano. Per loro la cittadinanza automatica è un vantaggio legato al Welfeare non a un’esigenza reale.

Spesso le loro famiglie diffidenti non li mandano nemmeno in gita e loro dichiarano il desiderio di tornare nei loro paesi d’origine dove sentono di avere le radici. Si sposano solo tra loro, la comunità d’origine li condiziona molto. E poi tanti, dopo cinque dieci anni di permanenza in Italia se ne vanno con i genitori in altri paesi ( Francia, G.B.ecc) alla ricerca di maggiori opportunità lavorative.

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Questo è anche uno dei motivi dell’improvviso aumento di ‘nuovi emigranti italiani’. Sono in molti casi ‘nuovi italiani’.

Mi fanno spesso tenerezza perché penso al loro dramma di essere a cavallo sempre tra due realtà e due culture. Ci vuole tempo, deve passare del tempo…forse una generazione perché si sentano italiani (in Francia non sono bastate quattro generazioni ndr…). Devo altresì ammettere che ci sono anche tanti italiani gretti e e incivili ai quali revocherei lo ius sanguinis. Comunque sia, lo ius soli concesso in automatico non è corretto, non è giusto nei confronti di chi ha avuto genitori, nonni e bisnonni che si sono sacrificati per rendere questo Paese libero dalle dominazioni, dalla dittatura e uscire dalla povertà del Dopoguerra. La cittadinanza va desiderata e meritata. E questa non è una priorità, per ora, con tutti i problemi che abbiamo in Italia.

La cittadinanza non è una questione di residenza, di tempo o di merito: ma di sangue. Un Giapponese rimane tale anche dopo due secoli in Italia, anche se è un genio, anche se inventa un vaccino. Non è una questione di ‘qualità’, ma di ‘identità’. Anche se, diciamolo, nell’immigrazione attuale, di qualità, ce n’è molta poca.

E non si capisce per quale motivo, secondo i razzisti di sinistra, essere italiano dovrebbe essere un valore rispetto ad essere cittadino di un qualsiasi altro paese.

L’idea di mutare cittadinanza si inscrive, con le dovute proporzioni, nello stesso concetto del cambio di sesso.

Si vuole un uomo post-moderno totalmente fluido, totalmente mobile: senza lavoro fisso, senza radici e senza sesso. Perché un uomo di questo tipo, asessuato, è l’ideale per l’élite che vuole guidare la Globalizzazione.

E statene certi, loro non seguiranno le ricette che predicano.




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