Riace, demolite le 16 casette di Lucano: erano abusive

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Prima il sequestro ora, finalmente, l’ordine di demolizione. Uno dei simboli dell’osceno business dell’accoglienza di Riace dell’era Lucano è destinato a sparire.

Sedici manufatti costruiti senza le dovute autorizzazioni edilizie che presto (entro 90 giorni) non ci saranno più. L’ordinanza è stata notificata al presidente della cooperativa che gestiva la raccolta differenziata “L’Aquilone” Fernando Antonio Capone, uno dei 25 imputati nel processo Xenia in corso a Locri e che vede alla sbarra, tra gli altri, anche l’ex sindaco Mimmo Lucano.

I sigilli alla fattoria, inaugurata ad inizio 2018, erano stati apposti lo scorso aprile dai carabinieri della Forestale di Reggio Calabria. Proprio in quell’occasione a Lucano venne stato notificato un nuovo avviso di garanzia per una truffa aggravata nel contesto di un nuovo filone investigativo della Procura locrese sulle case che ospitavano i migranti dei progetti di accoglienza, ritenute non conformi alle normative vigenti in materia di idoneità abitativa.

Secondo le accuse della procura, l’ex primo cittadino avrebbe distratto fondi destinati al progetto Sprar per erigere queste casette abusive.

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Fernando Antonio Capone – arrestato nel 1994 nell’ambito dell’operazione Stilaro condotta da Nicola Gratteri – aveva “colonizzato” per conto suo e degli altri componenti del sistema Riace località Fontana Susu, occupandone quasi 300 metri quadrati. Ora dovrà far radere al suolo tutto. Il documento
“Io sono la mente e lui è il braccio”. Fernando Antonio Capone parlava così di Lucano per spiegare all’amante il legame di opportunità che da sempre intercorre con il dominus di Riace. E’ a lui che l’ex sindaco nel 2014 “regala” la presidenza di Città futura che in realtà è di sua esclusiva competenza, come testimoniano le intercettazioni e come da recente deposizione del militare delle Fiamme gialle Nicola Sportelli. “Lucano – è quanto ha affermato il colonnello nel corso di una delle ultime udienze del processo – aveva sempre l’ultima parola. Era lui ad avere potere di controllo economico e finanziario”. Era successo per la vendita da parte dell’Unicef di Palazzo Pinnarò e succedeva regolarmente per l’ordinaria amministrazione e per quella straordinaria, che Lucano dirigeva proprio dalla sede di Città futura, impartendo ordini alla segretaria Cosimina Ierinò.

Certo che Capone diversi benefici dalla situazione li aveva acquisiti. Dalla possibilità di avere libero accesso e anzi di amministrare i conti correnti che facevano capo a Città futura (quelli che hanno contribuito alla distrazione di fondi milionaria) al frantoio acquistato dal marito della scrittrice e attivista in quota Fatto Quotidiano Chiara Sasso “per stare tranquilli”, aveva ammesso lo stesso Lucano. Con chi fa parte del gruppo di cantori delle inesistenti gesta dell’ex sindaco, infatti, non sarebbero sorti problemi. Questi invece sono ben presto arrivati dallo stesso Capone, risoluto a tenere per sé il macchinario costato 320mila euro, come confessato alla moglie nel corso di una conversazione intercettata. Protagonista delle anomalie rilevate dalla Guardia di Finanza, la macchina per la lavorazione delle olive sta per entrare a regime assieme alle botteghe e ai laboratori in passato sempre chiusi, fatte salve le aperture fulminee ordinate da Lucano per le visite istituzionali, quando i collaboratori erano chiamati a “fare finta” di “impastare qualcosa”.

Ma tant’è. Il “vento” per Lucano e gli altri è cambiato con il nuovo governo, prova ne sia la fine dell’allontanamento da Riace. E ora la mollaggine o l’asservimento – che dir si voglia – di inquirenti, Forze dell’Ordine e altri, sta permettendo al sodalizio di riappropriarsi di tutto il maltolto, tassello dopo tassello. Come se, in fondo, il processo in cui Lucano e gli altri sono imputati (non indagati) non stesse mai avendo luogo. In controtendenza – tuttavia – è arrivata oggi l’ordinanza del Comune di Riace, firmata dal responsabile dell’Area tecnica Domenico Pazzano. Il documento intima a Ferando Antonio Capone (arrestato nel 1994 nell’ambito dell’operazione Stilaro guidata da Nicola Gratteri e incentrata sugli appalti di mafia) di “demolire quanto abusivamente realizzato” in località Fontana Susu, e di “ripristinare lo stato dei luoghi entro il termine di 90 giorni”.

Ma cosa hanno fatto realizzare i componenti del sistema Riace? Quasi 300 metri quadrati di fabbricati. Sedici lotti issati tutti “in assenza delle dovute autorizzazioni edilizie” ma, almeno, la fantasia non è mancata. Un manufatto con la struttura in cemento armato, tre in legno, dodici in blocchi di tufo. Servivano a inscenare la pantomima della “fattoria didattica” e i viaggi fantasma degli asinelli, che secondo la macchina mediatica “ufficiale” aiutavano a realizzare una raccolta dei rifiuti virtuosa che, nei fatti, prevedeva uno sperpero di denaro a fronte di servizi mai erogati. Forse gli imputati sui sedici lotti in realtà un pensierino lo avevano fatto: come Capone col frantoio, o come succede a Camini con le abitazioni realizzate coi soldi dei migranti e messe in affitto. L’ordinanza è stata inviata per conoscenza alla Procura, a Provincia e Regione e a Carabinieri e a Vigili urbani. Adesso alle Forze dell’Ordine – chiude il documento – spetterà il compito di vigilare sull’esecuzione del provvedimento.