4 milioni di italiani rinunciano alle cure per pagare il ticket agli immigrati

Vox
Condividi!

Circa 4 milioni di italiani rinunciano alle cure per i costi e altri due rinunciano per la lunghezza delle liste di attesa. Inutile dire che, entrambe le situazioni sono conseguenza della presenza di immigrati che vengono curati gratis: pesando sulla sanità pubblica che non hanno contribuito a creare e ingolfando gli ospedali.

Secondo Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) l’abrogazione del superticket, e più in generale una riduzione della pressione dei ticket sui redditi delle famiglie, rappresentano misure che possono concretamente facilitare l’accesso alle cure da parte dei cittadini salvaguardandone al tempo stessi i relativi redditi.

Aceti ricorda che nonostante la rinuncia di molti alle cure, il “Rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica” della Corte dei Conti indica un aumento del contributo complessivo in termini di ticket richiesto ai cittadini nel 2018 in media del 2,6%, con un aumento pari a 74 milioni. Ma anche qui la differenza tra Regioni è forte: 33,7 euro la Sardegna, 41,1 euro la Calabria, 53,8 euro l’Abruzzo, 61 euro l’Umbria, 90 euro la Valle D’Aosta.

Ci sono poi le differenze regionali. Ad esempio (ma in ogni regione c’è il fai-da-te) l’Emilia Romagna ha eliminato il superticket a partire dal 1 gennaio 2019 per le fasce di reddito fino a 100 mila euro; nelle Marche non lo si paga per i redditi Isee sotto i 10 mila euro; in Veneto dal 1 gennaio 2020 non lo pagheranno più tutte le persone economicamente vulnerabili, con un reddito inferiore a 29 mila euro annui; in Liguria invece è prevista l’applicazione secca dei 10 euro; nessuna quota fissa da pagare in Sardegna, Basilicata, P.A. Bolzano. E così via (vedi tabella). E sul ticket per i farmaci va anche peggio: per i non esenti zero ticket in Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Sardegna; 1 euro a ricetta a Trento; 2 euro a confezione (massimo 4 euro a ricetta) in Liguria; 4 euro a confezione (massimo 8 euro a ricetta) in Toscana; 2 euro a confezione (massimo 4 euro a ricetta) + 1 euro a ricetta in Calabria. E altrettante differenze anche per la compartecipazione a carico degli assistiti esenti in funzione dei codici esenzione e fascia di reddito.

Il terzo motivo è che alcune prestazioni ricomprese nei Livelli essenziali di assistenza, soprattutto quelle della “specialistica”, proprio per l’effetto superticket sono più costose della stessa prestazione effettuata nel canale privato. Un fenomeno che contribuisce ad aumentare quella spesa “out of pocket”, quella privata. delle famiglie che nel 2017 si attesta complessivamente a circa 39 miliardi di euro.

Il nostro sistema sanitario universale, non può resistere all’impatto di immigrati che vengono a sfruttarlo senza sostenerlo con il pagamento delle tasse. Pagamento che lo Stato esige dai cittadini.

Vengono in Italia anche per partorire gratis. Il generoso sistema sanitario tricolore assicura anche questa garanzia, alle donne straniere.

In concreto si tratta di una sorta di ricongiungimento-lampo coi mariti che di solito lavorano in Italia, un ricongiungimento che dura un paio di settimane appena, giusto il tempo di usufruire dei servizi prima di tornare nel Paese d’origine, in genere l’Egitto. E il fatto che tornino a casa è giù una buona notizia: perché l’emergenza nazionale sono proprio i ricongiungimenti familiari.

In Italia il 20% dei parti riguarda madri non italiane. Al Centro-Nord si arriva al 25%, in Lombardia al 30%. Le madri straniere, nel 25% dei casi, sono africane.

In molti casi nemmeno residenti, ma ‘turiste del parto’ grazie al famigerato tesserino Stp (Straniero temporaneamente presente) che secondo la denuncia dei medici dà agli stranieri – anche clandestini – il diritto di ricevere cure di ogni tipo, urgenti e no, salvavita o di routine, con tanto di anonimato garantito.

Ne abbiamo già parlato.

In questo caso si tratta di donne (non necessariamente irregolari) che arrivano a Milano proprio per partorire. Fra le prestazioni garantite anche a cittadini stranieri non iscritti al sistema sanitario nazionale sono infatti previste espressamente quelle a tutela della gravidanza e della maternità. E il direttore del reparto di ginecologia di un importante ospedale milanese testimonia cosa avviene in concreto: le partorienti arrivano praticamente alla vigilia del lieto evento, spesso in compagnia del marito, in genere non presentano documentazione di alcun tipo ma chiedono di essere seguite fino al parto, spesso cesareo. Al medico italiano non resta che assecondarle, facendo in pochi giorni tutti gli esami possibili, trovando loro un posto e cercando ovviamente di evitare complicazioni o problemi, anche in quadro che è carente di riscontri obiettivi e difficoltoso in termini di anamnesi, dal momento che queste donne generalmente non parlano una parola d’italiano (il personale si serve di un traduttore telefonico per parlare con loro). «Arrivano – racconta – quando sono a 36-37 settimane, direttamente da Linate a volte. E spesso dall’Egitto, dove evidentemente gli ospedali più dignitosi sono a pagamento. Non si capisce come possano viaggiare in aereo in uno stadio così avanzato della gravidanza, visto che in casi analoghi si chiedono molti certificati. Comunque arrivano, a volte con il tesserino Stp, accompagnate dal marito che in genere parla italiano e dice: Mia moglie deve fare il cesareo, e spesso sono precesarizzate». «Il problema – prosegue il medico – è che non hanno in mano niente, neanche un documento, neanche un esame. Dobbiamo fare tutto in breve tempo». E vigono ovviamente tutte le responsabilità del caso: «Mi è capitato di recente una donna con diabete e ipertensione, possono esserci complicazioni. Noi dobbiamo sistemarle o trovare un posto altrove, fare il possibile. E a volte di posto non ce n’è, e dobbiamo trovarlo lo stesso».

VERIFICA LA NOTIZIA

Il problema, dunque, sono anche le risorse limitate: «Noi curiamo, ma riusciamo a dare tutto a tutti?», chiede retoricamente Stefano Carugo, noto cardiologo che lavora in un ospedale pubblico (è direttore di Cardiologia e Unità coronarica dell’Azienda Santi Paolo e Carlo e professore associato di Malattie cardiovascolari). «Noi curiamo tutti ma se c’è qualcuno che pensa di fare il furbo usufruendo della generosità del nostro sistema, questo è un problema».

In molti Paesi africani, il parto in ospedale è un lusso che si paga. Se hai le frontiere aperte, è logico che scelgano il posto dove non si paga e i medici sono i migliori.

Vox

E non solo le partorienti. L’Italia riconosce agli «stranieri irregolarmente presenti» sul territorio nazionale una corsia preferenziale, riservata ed esclusiva, in cui sono garantite cure e prestazioni che gli italiani possono solo sognare.

Basta un tesserino (Stp) e si ha la strada spianata nell’accesso alle prestazioni di una delle migliori sanità del mondo, soprattutto con un medico «di manica larga» o l’ausilio di associazioni di volontariato più o meno ideologicamente impegnate. E non si tratta solo di interventi urgenti o salvavita, come sarebbe comprensibile, e in linea con giuramenti e deontologia.

Si va molto oltre «le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o essenziali», chiarisce il medico che decide di parlarne. Ne ha avuto diretta esperienza. E spiega di cosa sta parlando: «Per esempio una visita dal diabetologo per la glicemia, o le lastre al torace, o le cure dentarie».

«Protesi, occhiali e ogni ausilio medico gratis – denuncia Riccardo De Corato, esponente di Fratelli d’Italia, già senatore, oggi assessore regionale in Lombardia – per non parlare della completa esenzione per l’acquisto di medicine».

Il tesserino si chiama Stp (Straniero temporaneamente presente) e può essere chiesto «presso qualsiasi Asl».

Di queste opportunità dà conto la prefettura di Roma: il tesserino è valido 6 mesi – informa sul suo sito – ma «rinnovabile». Si rivolge allo straniero irregolare: «Puoi anche chiedere che il tesserino sia rilasciato senza l’indicazione del tuo nome e cognome».

E assicura i clandestini: «L’accesso alle strutture sanitarie non può comportare alcun tipo di segnalazione alle pubbliche autorità. Tieni comunque presente che in alcuni casi (motivi di ordine pubblico o per altri gravi motivi) la pubblica autorità potrà ottenere il referto, come avviene anche con i cittadini italiani».

Insomma, stai tranquillo, caro clandestino, puoi farti i denti nuovi a spese degli italiani. E nessuno mai ti denuncerà. Poi, potrai andare alla tendopoli del Baobab e stuprare.

«Attraverso il Pronto soccorso è possibile accedere a ogni cura – spiega il medico -. L’emergenza urgenza acuta viene garantita a tutti, però qui si parla di prestazioni banali, rese a persone esplicitamente irregolari, mentre gli italiani se le pagano, o rinunciano dovendo scegliere se curare l’una o l’altra fra più patologie».

«Queste persone hanno tutto – prosegue – e molti lo esigono, con arroganza, e in genere i medici concedono tutto, per non essere accusati di razzismo. Appuntamenti, attese brevi, ricette bianche, hanno capito tutto e sono imbeccati dalle associazioni di volontariato».

“Noi italiani siamo un po’ passati in secondo piano su tutto, anche sulla sanità”: aveva spiegato un italiano, in attesa al pronto soccorso dell’Ospedale San Paolo di Milano, alle telecamere nascoste di “Quarta Repubblica”, trasmissione su Rete 4.

“L’altro giorno c’era una ragazza musulmana in stato di gravidanza, e il marito non ha assolutamente voluto che la visitasse un medico uomo. Sono dovute intervenire due dottoresse e quindi l’attesa si è prolungata per tutti”.

La fila può arrivare fino a due ore anche per un semplice codice verde: “Magari arrivano degli stranieri, con la scusa che non capiscono la lingua li fanno passare subito e così tutto rallenta”. E poi vogliono che gli italiani paghino le tasse, per mantenere ‘loro’.

Ce la riprendiamo, o no, l’Italia?




Un pensiero su “4 milioni di italiani rinunciano alle cure per pagare il ticket agli immigrati”

  1. Il ticket esiste perché le strutture sanitarie pubbliche sono state aziendalizzate, per cui l’assistenza medica non é più un servizio da offrire, ma un prodotto da vendere (agli italiani ovviamente). Però mentre molti servizi sono a pagamento, altri, anche se pochi, sono gratuiti. Penso al fatto che le donne per partorire devono pagare, mentre quelle che vogliono abortire non pagano nulla. Dimostrazione del fatto che si vuole rendere economicamente sconveniente avere figli. Sarebbe infatti etico introdurre il ticket sull’aborto o sulla fecondazione eterologa, perché non è giusto che tanti cittadini che sono per principio contrari a queste pratiche, le debbano finanziare con le tasse che pagano allo Stato.

I commenti sono chiusi.