“Il Signore è ostinato nel ripetere questo tutti. Sa che noi siamo testardi – ha detto il Papa – nel ripetere ‘mio’ e ‘nostro’: le mie cose, la nostra gente, la nostra comunità…, e Lui non si stanca di ripetere: ‘tutti’. Tutti, perché nessuno è escluso dal suo cuore, dalla sua salvezza; tutti, perché il nostro cuore vada oltre le dogane umane, oltre i particolarismi fondati sugli egoismi che non piacciono a Dio”.
Occorre “salire” per “compiere un esodo dal proprio io”. E’ l’invito del Papa che però chiede: “La mia strada è in salita o in arrampicamento?”. Nell’omelia della messa dedicata ai missionari il pontefice ha anche ribadito che si evangelizza “non conquistando, obbligando, facendo proseliti, ma testimoniando”.
Invidiabile uno convinto di sapere cosa piace o non piace a Dio. Ma nelle parole di Bergoglio c’è eversione e ‘comunismo’ dei sentimenti e dei valori, che è poi un processo insito nella globalizzazione e nell’economia dello ‘sharing’ che vi prepara all’etica del non possesso e quindi dell’indifferenza.
Jahveh era un Dio profondamente geloso Bergoglio.
Che poi, Bergoglio, se “nostro” non va bene, allora distribuisci il patrimonio della Chiesa ai fedeli…
Questo è il “nostro” Papa come Conte è il nostro Primo Ministro.