Cardinale ordina la resa: “Lo straniero non esiste”

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“È Chiesa quando le porte sono aperte, quando l’altro non è uno straniero. Così come abbiamo ospitato lui, dovrebbe valere per tutti, non può essere il colore della pelle a farci diversi. Il colore del cuore è uguale per tutti”. A pronunciare queste deliranti parole, non poteva che essere lui, l’arcivescovo di Agrigento, don Francesco Montenegro.

Un vero e proprio tentativo eversivo di spogliare la civiltà della propria essenza primaria: i confini. Perché i confini sono l’inizio della civiltà.

E anche una sorta di perversione della religione in cui si nega l’oggettività delle cose. Il Cristianesimo, che è religione profondamente inscritta nel pensiero occidentale, si differenzia dalle religioni orientali proprio per il concetto di ‘divisione’: le differenze non sono annullate, l’individuo non trova la propria realizzazione nell’annullamento verso il ‘tutto’.

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Il discorso all’interno del quale sono contenute le frasi sopra riportate, il cardinal Montenegro lo pronuncia in occasione della festa della dedicazione della Cattedrale di Agrigento a San Gerlando, patrono della città.

L’arcivescovo di Agrigento non è nuovo a sortite che delineano in maniera chiara il corso della Chiesa di Bergoglio: a capo della diocesi della città siciliana dal 2008, nel 2010 fa scalpore la sua iniziativa di non piazzare i Re Magi nel presepe natalizio in polemica con le politiche sull’immigrazione dell’allora governo Berlusconi.

I fedeli che alla vigilia dell’Epifania del 2010 vanno a visitare il presepe, trovano un cartello con scritto “Si avvisa che quest’anno Gesù Bambino resterà senza regali: i Magi non arriveranno perché sono stati respinti alla frontiera insieme agli altri immigrati”. Posizioni nette, che don Montenegro assume anche prima della sua esperienza pastorale ad Agrigento, quando è direttore della Caritas.

Ma è certamente con l’avvento di Papa Francesco che la linea adottata dall’arcivescovo a livello locale trova maggiori sponde. E, da questo punto di vista, don Franco Montenegro trova consacrazione quando Bergoglio sceglie Lampedusa, e dunque la sua diocesi, per la sua prima visita pastorale da pontefice. È l’8 luglio 2013, è quindi don Montenegro ad accompagnare Papa Francesco nella sua prima uscita dal Vaticano culminata con la visita al molo Favarolo del porto lampedusano, lo stesso in cui pochi mesi dopo più di trecento bare vengono adagiate per ospitare le vittime della strage del barcone affondato il 3 ottobre di quell’anno.

La nomina a cardinale arriva appena due anni dopo, con don Franco Montenegro che riceve la porpora cardinalizia nel febbraio 2015, anno in cui diventa presidente della Caritas italiana. Le sue posizioni sono quindi ben in linea con quelle del Papa, il quale si ritrova uno degli arcivescovi a lui più vicini nella terra degli sbarchi e delle inchieste sulle Ong.

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Ed a proposito delle attività delle organizzazioni non governative, il cardinale Montenegro la settimana scorsa lancia un appello per lo sbarco della nave Mare Jonio, per diversi giorni a largo delle acque di Lampedusa prima dell’approdo dei migranti sull’isola delle Pelagie per ragioni umanitarie.

Il prelato è noto anche per diversi sfondoni:

No caro vescovo, San Calogero non era nero: era greco

E vere e proprie visioni lisergiche:

Vescovo: “Sui barconi ci sono i santi”

Lombroso è stato un genio incompreso.




2 pensieri su “Cardinale ordina la resa: “Lo straniero non esiste””

  1. Vox! Mi hai dato una splendida idea.
    Se la domenica, in una chiesa gremita, uno alzasse educatamente la mano durante la predica del sacerdote e chiedesse di intervenire verbalmente, sarebbe cosa assai curiosa e singolare, tuttavia potrebbe smuovere la passività, rompere il silenzio assordante del succube praticante. La messa dovrebbe cambiare, diventare un occasione di scambio di idee e crescita di consapevolezza verso le esigenze del prossimo. Sono certa che loro ci guadagnerebbero numericamente, mentre noi avremmo un pulpito per le nostre ragioni. In questo caso si allargherebbe la cerchia dei partecipanti che, pur di dire la loro, si sorbirebbero almeno parte delle litanie.

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