PD e islamismo, prove di intesa a Milano

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Abdelfattah Mourou, candidato del partito islamista Ennhada alle imminenti elezioni presidenziali in Tunisia, ha tenuto un comizio a Milano. Il capoluogo lombardo, governato dal PD del sindaco Sala, si conferma il luogo prescelto dalla Fratellanza Musulmana per promuovere l’islamizzazione dell’Italia.

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Il protagonista in scena è stato Abdelfattah Mourou, candidato del partito islamista Ennhada alle imminenti elezioni presidenziali in Tunisia. Il comizio è stato organizzato dai rappresentanti del braccio politico dei Fratelli Musulmani tunisini nel capoluogo lombardo, che si conferma capitale della Fratellanza in Italia. Dopo aver disposto dello spazio pubblico per la propaganda che ha accompagnato la recente commemorazione del fu presidente egiziano Mohammed Morsi, i Fratelli Musulmani hanno potuto usufruire della piattaforma milanese per promuovere la campagna elettorale di Mourou, a testimonianza del legame che unisce il campo islamista con quello che si autodefinisce progressista in Italia.

La promozione di Abdel Kader e di altre simili figure femminili, contrasta significativamente con gli obiettivi delle due candidate alla presidenza della Tunisia, Abir Moussi e Salma Al Loumi, che intendono impedire ai Fratelli Musulmani di ostacolare il cammino delle donne verso l’acquisizione di pieni diritti tracciato dal compianto Essebsi. Sala, invece, ha lasciato che il palcoscenico di Milano venisse utilizzato proprio dal candidato di Ennhada, nemico delle donne tunisine laiche e moderate. Nessun veto verso il comizio di Mourou è stato infatti posto dalla sua giunta, mentre prevedibilmente la maggioranza PD al consiglio comunale non ha mosso critiche.

Mourou ha svolto la sua performance al Teatro Menotti, come in precedenza i Fratelli Musulmani sono scesi in piazza a favore di Morsi: al di là delle stigmatizzazioni di circostanza, l’opposizione non è riuscita a porre finora alcun ostacolo concreto all’attivismo dei Fratelli Musulmani “milanesi”.

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La realtà a cui Sala sovrintende da Palazzo Marino chiama comunque in causa anche il governo, che malgrado la grave crisi resta nel pieno delle sue funzioni. Le autorità olandesi non esitarono a proibire l’ingresso nel paese al ministro degli esteri turco, pronto a dare un comizio pro-Erdogan a Rotterdam durante la campagna per il referendum costituzionale, al quale anche i turchi basati in Olanda era chiamati a votare.

Ai Fratelli Musulmani, al contrario, è stato consentito di fare campagna elettorale all’interno della comunità tunisina a Milano e non si tratta della prima volta in Italia. Il leader di Ennhada, Rachid Ghannouchi, ha infatti marcato visita a Roma in precedenti occasioni elettorali. È lecito allora chiedersi il perché della libertà d’azione di cui godono i Fratelli Musulmani in territorio italiano, che si esplica a partire dalle attività di proselitismo condotte dalla Lombardia alla Sicilia attraverso moschee, associazioni, imam e militanti che beneficiano dei lauti finanziamenti elargiti dal Qatar, come ampiamente documentato nel libro inchiesta “Qatar Papers”.

Ma il problema è alla fonte: che ci fanno i musulmani in Italia? Perché una volta che li fai entrare, poi non puoi lamentarti che si comportino come tali.

L’immigrazione va azzerata abrogando i ricongiungimenti familiari, mezzo attraverso il quale, ogni anno, entrano oltre 200mila immigrati. Nessuno più entra per lavorare: poche migliaia l’anno.

Ma ora c’è il Pd al governo. Il partito di riferimento degli islamici in Italia.