Esperto smonta propaganda: “Non esistono lavori che italiani non vogliono fare”

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Gian Carlo Blangiardo, già professore di demografia all’Università di Milano-Bicocca e ora presidente ISTAT, smonta la propaganda sull’immigrazione.

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«L’ immigrazione va gestita con criteri di sostenibilità, per non compromettere il benessere di chi c’è e di chi arriva. Possiamo permetterci di ricevere chi vada a colmare effettive carenze in determinati settori. Penso agli indiani che mungono le mucche della pianura padana, alle badanti dell’Est Europa Il mercato, alle condizioni attuali, ha un certo bisogno di manodopera straniera. Sottolineo: alle condizioni attuali».

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«Basterebbe alzare il livello delle retribuzioni e cambiare certi contratti per spingere i giovani italiani a fare quei lavori che oggi non fanno. Nella mia università il personale che fa la vigilanza è in buona parte straniero, ma non credo che i nostri disoccupati, a certe condizioni, non siano disponibili a quel tipo di lavoro. E comunque, anche ammettendo lacune settoriali da colmare facendo ricorso a manodopera straniera, va fatta una riflessione sull’andamento futuro del mercato del lavoro».

«In molti campi un giorno potrebbe non esserci quella richiesta di forza lavoro che oggi ancora c’è. E i buchi nella popolazione non avrebbero quindi bisogno di rimpiazzi».

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«L’Inps incassa i contributi di giovani immigrati e li usa per pagare gli assegni. Ma vanno considerate due cose. Anzitutto, è vero: noi abbiamo bisogno ogni anno di un certo numero di nuovi lavoratori che versino contributi. Ma non necessariamente devono essere stranieri, potrebbero anche essere donne o giovani italiani, per citare due categorie il cui tasso di partecipazione al mercato del lavoro è basso».

«I contributi versati dagli immigrati sono un prestito, non un regalo. Andranno restituiti sotto forma di assegni pensionistici. Non si può mica sperare che gli immigrati si dimentichino di quanto hanno versato in Italia e se ne tornino nei Paesi d’ origine senza reclamarlo…».

«Io ho fatto qualche calcolo, confrontando anno dopo anno il numero dei sessantacinquenni presenti in Italia con il numero delle persone nate in Italia 65 anni prima. Inizialmente il primo numero è inferiore: di tutti i nati, non tutti sopravvivono fino a quell’ età. Col tempo, il primo numero diventa maggiore. Come si spiega? A compiere 65 anni sono soggetti non nati in Italia, ma invecchiati qui. Ebbene, all’ incirca dal 2030 in poi la differenza tra i due numeri è nell’ ordine di 200 mila persone all’ anno».

Duecentomila immigrati che ogni anno arriveranno vicini all’ età della pensione.: «Gente che, però, è arrivata qui magari a 30 anni, o anche a 50 (pensiamo alle badanti ucraine), e che spesso, prima di firmare un regolare contratto di lavoro e versare i contributi, ha lavorato per un certo periodo in nero. Quando andranno in pensione, i loro assegni, calcolati col metodo contributivo, saranno molto esigui. Alcuni, è da pensare, talmente modesti da dover essere integrati dalla fiscalità generale. Sempre che ce lo si possa permettere».

Insomma, se si comparano i benefici ai costi le affermazioni di Boeri si rivelano unilaterali.
«E non abbiamo calcolato i costi delle prestazioni di altra natura, dalla scuola all’ assistenza sanitaria. Basta andare in un pronto soccorso e vedere il numero di stranieri per farsene un’ idea».




9 pensieri su “Esperto smonta propaganda: “Non esistono lavori che italiani non vogliono fare””

  1. Questa dei “lavori che gli italiani non vogliono più fare” è una barzelletta che ci raccontano da più di 20 anni a questa parte, e alla quale purtroppo gran parte dei cittadini è stata così fessa da crederci. A causa di questa barzelletta, la gente ha accettato silenziosamente che, oltre a quelli che veramente svolgono lavori snobbati dagli italiani, entrassero numerosi stranieri di cui non avevamo affatto bisogno e che non danno alcun beneficio né allo Stato, né all’INPS, né all’economia nazionale, e mi riferisco ai vu cumprà senegalesi e marocchini, ai commercianti cinesi, ai lavavetri e venditori di rose bengalesi, ecc.

    Anzi, sta succedendo piuttosto che sono sempre più numerosi gli extracomunitari che accedono a posti di lavori detti “intellettuali”, tipo ingegnere, medico, architetto, ecc., che non mi risultano affatto snobbati, anzi sono molto ambiti anche da chi non è particolarmente scolarizzato. Quindi è vero invece che gli immigrati rubano il lavoro agli italiani.

  2. Certo che rubano il lavoro, a qualsiasi livello, avevamo e abbiamo tuttora dei posti riservati a gli invalidi, adesso vi sono dei posti riservati a gli stranieri, negli ospedali, case di cura, uffici statali, insomma in qualsiasi settore. Non mi direte che gli italiani rifiutano. posti in ospedale giusto? È pieno di stranieri, per ora sono inservienti e infermieri ma non dimentichiamo che questi figli di cani studiano mantenuti dai famigliari e dallo stato così una volta adulti possono sgambettare i nostri e se dovremo levarci le tonsille arriverà una scimmia con la mascherina e magari l’aids ad operarci come accade in America.

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