Una lotta alle attività “non autoctone”, quindi, a favore dell’identità locale.
In questi giorni è stato firmato il protocollo d’intesa con la Regione FVG, che vedrà Monfalcone divisa in quattro aree, dove i divieti saranno attuati secondo differenti modalità.
Nella “area rossa”, la più centrale, le limitazioni saranno assolute, e a partire dalla zona due non sarà più possibile aprire attività come money change, phone center, internet point, money transfer, sale giochi e centri scommesse, locali di pubblico spettacolo e centri massaggio banditi. Quelle già esistenti, tuttavia, rimarranno al loro posto. Per il resto della città il regime resterà invariato. La Cisint, sui social, ha dichiarato che se la precedente amministrazione comunale democratica fosse intervenuta all’epoca, oggi il centro cittadino sarebbe molto diverso.
Ma il problema di Monfalcone è più profondo. La presenza di negozi etnici è solo l’espressione di una malattia: la presenza di troppi immigrati.
Proibire l’apertura di negozi etnici risolve il sintomo, uno dei sintomi, non la malattia. Anche se in parte può rallentarne la diffusione.
Domanda: perché non fare una legge nazionale che vieti i negozi etnici in tutti i centri storici italiani? E ne limiti la presenza anche in altre zone?