Non si placa il terremoto sul mercato delle toghe che sta travolgendo il Csm.
In una riunione convocata il 9 maggio in un hotel della Capitale per pianificare il voto sul procuratore di Roma, l’allora ministro PD Luca Lotti raccontò, intercettato, i dettagli di un suo incontro al Colle: “Sono andato da Mattarella e ho detto “Presidente, la situazione è questa” e gli ho rappresentato quello che voi mi avete detto”.
Il Quirinale smentisce: “Ha detto il falso”. Ma se dovessimo applicare il ‘modello Siri’, allora Mattarella si dovrebbe dimettere.
E da ulteriori intercettazioni, emerge che tra gli accordi di cui il deputato ha discusso con il magistrato Luca Palamara c’era anche un piano per chiudere il caso Consip (clan Renzi), dove Lotti è imputato.
La replica di Lotti: “Fuorvianti le ricostruzioni legate a Colle. Alcuni giornali poi, utilizzando una frase di Palamara, non mia, provano a raccontare un mio interessamento sulla vicenda Consip: come si capisce bene leggendo, niente di tutto questo è vero. Ancora una volta la verità viene presentata in altro modo”.
Nelle intercettazioni, Palamara spiega che, se sarà nominato procuratore aggiunto, farà in modo di chiudere il caso Consip facendo pressioni sul procuratore Viola: “Supponiamo che c’è Viola e c’è Palamara. Io che cosa dico ‘Crediamo a Scafarto (Gianpaolo Scafarto, l’investigatore chiave del Noe dei carabinieri che ha condotto l’inchiesta Consip a Napoli, creandone alcuni falsi, ndr) o non gli crediamo? Basta’. Se io vado a fare l’aggiunto, questo gli dico al mio procuratore Viola che si consulta con me. Dico: ‘Gli vogliamo credere? Allora rompiamogli il culo (si sottintende a Lotti, ndr). Non gli vogliamo credere? Si chiude. Fine. Basta’”.
Ferri (PD): “Non potevano intercettarci” – “La ricostruzione dell’organizzazione dell’incontro del 9 maggio è per me difficile a distanza di settimane. Da quello che si legge sui giornali, si parla di ‘preventiva organizzazione’ e di una telefonata di Palamara a me. Io non la ricordo ma, da come la riportano i giornali, sarebbe chiaro che quell’incontro tra il sottoscritto, oggi parlamentare, e gli altri era stato organizzato il giorno prima al telefono. C’è da chiedersi molto seriamente allora come mai non si sia proceduto, a quel momento, allo spegnimento del microfono”. Il deputato del Pd Cosimo Ferri, intervistato dal Fatto Quotidiano, contesta la liceità delle intercettazioni. L’ex magistrato richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 390 del 2007, in base a cui “ci vuole la necessaria preventiva autorizzazione all’intercettazione tutte le volte in cui il parlamentare sia individuato in anticipo quale destinatario dell’attività di captazione”.
Parlando dell’incontro notturno, “siamo tutti pieni di impegni e l’orario dimostra solo che non era priorità e che era una chiacchierata a ruota libera. C’era chi addirittura dormiva, poi è evidente che gli argomenti fossero quelli, ma mi consenta di dire, anche alla luce della mia esperienza al Csm e all’Anm, che il ruolo delle correnti ha sempre avuto un peso”, evidenzia Ferri. “La musica l’ha diretta chi aveva la maggioranza e nel futuro non cambierà niente. Chi si indigna oggi spesso è stato beneficiato da queste interlocuzioni, considerandole da sempre fisiologiche”.