Le toghe rosse, un golpe giudiziario contro Salvini

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Sembrava un convegno dell’opposizione di estrema sinistra. E invece era un convegno della corrente di sinistra della magistratura italiana. Toghe rosse.

Maria Cristina Ornano, segretario di Area, la componente di sinistra delle toghe italiane, ha letto una relazione al limite dell’eversione politica, visto che viene da un magistrato: «La Lega, partito di matrice leaderistica, declina la sua offerta politica in chiave nazionalista, sovranista, populista, razzista e xenofoba».

La toga rossa paladina dei rom contro chi vota Lega – VIDEO

«Il Movimento 5 Stelle, non esente anch’esso da spinte leaderistiche, trova la sua legittimazione nella base della piattaforma Rousseau e su un consenso tutto giocato sul terreno di una politica populista».

Perché, un magistrato deve esprimere giudizi sui partiti politici? Su due partiti che insieme raggruppano quasi il 60 per cento degli elettori?

«Nel nostro Paese abbiamo assistito ad un fenomeno nuovo, un contratto di governo, che a ben vedere pare un non senso politico». E perché mai? «Perché – è la pronta risposta – se la politica è mediazione e sintesi anche fra posizioni distanti e diverse, non è dato comprendere come questo possa accadere nella logica del do ut des».

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Domanda posta in diretta da Claudio Rinaldi per Quarta Repubblica, il programma di Nicola Porro andato in onda lunedì sera; ma la replica, davanti alle telecamere è disarmante: «Le mie sono valutazioni tecnico giuridiche».

«Il parlamento appare essere sempre meno quel luogo, disegnato dalla Costituzione repubblicana, di confronto e di sintesi fra le diverse opzioni politico-culturali, per assumere sempre più spesso un ruolo notarile di ratifica di decisioni già prese dal Governo, o peggio, in taluni casi, altrove».

«Decreto sicurezza, autodifesa legittima, riforma delle autonomie, sicurezza bis, decreto Pillon». Ma questa contrarietà, spiega il segretario di Area, non è preconcetta, ma nascerebbe dalla «problematica compatibilità costituzionale di questi interventi normativi».

«L’opzione securitaria porta con se un progetto e una visione di società in cui noi magistrati progressisti non possiamo riconoscerci perché é un progetto che postula una società chiusa».

Un vero e proprio programma di resistenza al governo della maggioranza degli italiani. I magistrati non devono riconoscersi, devono applicare le leggi. Questa dichiarazione somiglia tanto alla minaccia di governare attraverso le sentenze. Come già sta accadendo con risultati drammatici, come il pakistano che ha stuprato due bambine italiane dopo essere stato graziato da una toga rossa.

Una persona che esprime queste opinioni le può esprimere come privato cittadino, e come cittadini noi possiamo esprimere l’opinione che non può fare il magistrato. Perché qui abbiamo un magistrato che, in teoria, dovrebbe agire in ‘nome del popolo italiano’, che ritiene la maggioranza del popolo italiano perseguibile. Ecco, questa è una insolubile contraddizione. E visto che la soluzione, in democrazia, non può essere eliminare il popolo, allora è lei che non deve fare il magistrato.

Se avessimo un presidente della repubblica, anziché Mattarella, interverrebbe. Si deve decidere: o i magistrati si limitano ad applicare le leggi, senza istituire correnti politiche ed entrare nel dibattito politico, oppure si fa come negli Usa e le si rende cariche elettive. Tertium non datur.