Aung San Suu Kyi incontra Orbán: «Il pericolo è l’islam»

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Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace: «Il pericolo comune è l’islam». Il leader birmano e Nobel per la pace in visita a Budapest ha incontrato Orban: «Troppi musulmani in Europa», ha detto.

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In Ungheria non ce n’è praticamente nessuno e in Myanmar, dopo l’ultima pulizia, la situazione è abbastanza simile, con centinaia di migliaia di immigrati bengalesi rohingya cacciati dal paese dopo gli attacchi contro villaggi buddhisti e caserme.

E’ un successo il viaggio europeo di Aung San Suu Kyi, eroina dei diritti umani e leader del paese che è riuscito in pochi mesi ad espellere quasi un milione di musulmani rohingya dal Myanmar verso la loro patria ancestrale, il Bangladesh.

E ora viene in Europa ad indicarci la strada. Aung San Suu Kyi è andata a trovare Viktor Orbán, primo ministro ungherese.

«Il primo ministro Viktor Orbán ha incontrato a Budapest mercoledì Aung San Suu Kyi, consigliere di Stato del Myanmar: hanno discusso di immigrazione illegale e dei legami bilaterali nei settori dell’economia, dell’istruzione e della cultura. L’immigrazione illegale – continua la nota d’agenzia – è una sfida primaria sia per il Myanmar sia per l’Ungheria, sia per il Sud-est asiatico che l’Europa in generale e il problema di come vivere insieme alla crescente popolazione musulmana è emerso in entrambe le regioni, ha detto Bertalan Havasi, portavoce del premier, riassumendo i colloqui che si sono svolti nell’ufficio del primo ministro».

Un problema che la dolce ma decisa Kyi ha risolto brillantemente a casa sua.

Ma Orbán è andato oltre: ha detto che Budapest «sostiene la cooperazione commerciale tra l’Unione europea e il Myanmar ma rifiuta «l’esportazione della democrazia e l’approccio di Bruxelles e di altri burocrati occidentali che cercano di mescolare questioni non correlate come la cooperazione economica con gli affari interni».

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Prima, con un successo senza precedenti che nega alla radice l’idea che l’immigrazione sia una strada da cui non è possibile tornare indietro, hanno espulso più di 600mila musulmani rohingya verso la loro terra di origine, il Bangladesh, in pochi mesi.

L’espulsione di massa dopo le violenze islamiche nello stato birmano del Rakhine, che confina con il Bangladesh. La dimostrazione che dall’immigrazione si può sempre tornare indietro. Non solo chiudendo le porte, ma anche espellendo chi già è entrato. Non importa quando. Ovviamente sarebbe meglio farlo in modo ordinato e prima di arrivare alle violenze che, prima o poi, i musulmani causano ovunque.

E prima o poi arriverà un governo ‘buddhista’ anche in Italia. E allora vedremo barconi partire verso la Libia. Meglio prima che poi.

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Poi, per vigilare che non tornassero, al posto dei villaggi in cui prima abitavano i musulmani rohingya, l’esercito birmano ha costruito delle basi militari e minato il confine.

Intanto è da notare che mentre noi davamo (e ancora diamo in misura molto inferiore) asilo ai bengalesi che poi stuprano le turiste finlandesi a Roma, il Bangladesh è in grado di accogliere veri profughi. Perché non ci sono guerre in Bangladesh, tranne quelle inventate dagli allora funzionari corrotti del governo PD.

Aung San Suu Kyi ha dimostrato che essere pacifici non significa essere idioti. E che alle stragi islamiche si può rispondere in un solo modo che sia duraturo: espellendoli tutti o quasi. Non c’è alternativa. Altrimenti la pace sarà solo una pausa tra due guerre.

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L’esercito birmano ha reagito agli attacchi dei terroristi islamici risolvendo il problema alla radice. Noi, in Europa, preferiamo continuare a subire stragi e non comprendere che il problema è demografico, e non di ordine pubblico.

I Rohingya sono ex immigrati bengalesi imposti in Birmania dal dominio britannico a partire dal 1871. Dopo un paio di secoli di intervalli tra pace e violenza, inevitabili quando sullo stesso territorio convivono etnie differenti, i buddhisti hanno deciso che era tempo di avere una lunga pace. E la pace la ottieni con la separazione etnica.

BIRMANIA

Quest’ultima crisi è iniziata con il brutale stupro di una donna buddhista da parte di musulmani nel 2013. Poi monaci bruciati vivi:

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E, infine, la goccia che ha fatto traboccare il vaso, il massacro di 72 buddhisti prima del 25 agosto.

Quando una donna come Sun Suu Kyi rifiuta di condannare gli atti dei suoi concittadini contro i ‘migranti islamici’, ci deve essere un motivo. E non si capisce perché, se gli altri li cacciano per i loro ‘comportamenti’, noi li si debba ‘accogliere’, se non per farci del male.

Perché, come ha detto il premio Nobel per la pace, “l’islam è il problema”. Risolviamolo.




2 pensieri su “Aung San Suu Kyi incontra Orbán: «Il pericolo è l’islam»”

  1. Pienamente condivisibile.
    L’unica soluzione con i migranti musulmani e gli africani è quella di usare la forza militare per espellerli tutti verso i rispettivi Paesi tribali di origine.
    Per questo occorre però dotarsi di veri servizi segreti e di vere forze armate.

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