SeaWatch punta Lampedusa: “Entreremo in acque italiane”

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La Sea Watch 3 è in acque internazionali, a una quindicina di miglia da Lampedusa. Ai limiti delle nostre acque.

A bordo 47 clandestini, dopo l’errore di ieri, quando il Viminale ha autorizzato lo sbarco di 7 presunti minori con i loro presunti genitori e un uomo a rischio di vita, l’unico che sarebbe dovuto sbarcare. Anche se potevano sbarcarlo due giorni prima in Tunisia, se tanto a rischio.

Ma come sempre, mai mostrare debolezza al nemico. Infatti, invece di fare rotta verso Tunisi come intimato dall’Italia, la Sea Watch è pronta ad infrangere il divieto imposto da Matteo Salvini ed entrare in acque territoriali italiane.

L’intenzione è stata comunicata dal comandante della nave battente bandiera olandese dell’ong tedesca Sea Watch, alle autorità italiane. E poi ribadita con un comunicato dalla prezzemolina umanitaria Giorgia Linardi: “chiediamo la revoca del divieto di ingresso per motivi umanitari”.

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La scusa? Sempre la solita:

SeaWatch: “migranti parlano di suicidio”, e sticazzi?

Alle minacce della nave della Ong di entrare in acque territoriali, ha risposto Salvini: “resta il divieto assoluto alla Sea Watch3 di entrare nelle nostre acque territoriali. Non cambiamo idea: porti chiusi per chi non rispetta le leggi, mette in pericolo delle vite, minaccia. Una Ong, peraltro straniera, non può decidere chi entra in Italia”.

Se entrano e non succede nulla, è finita. L’idea che una ong tedesca possa decidere le politica di immigrazione italiane è criminale. Non siamo in presenza di scafisti, siamo in presenza di eversori dell’ordine democratico.




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