Ragazzina cristiana costretta a convertirsi e sposare islamico

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“Se non ti converti, gettiamo tuo fratello giù dal tetto”: è sotto questa minaccia che in Pakistan la giovane Neha, cristiana di 15 anni, è stata costretta a convertirsi all’islam e data in moglie a un uomo musulmano di 45 anni, già sposato e con tre figli. La giovane aveva resistito con tutte le sue forze, anche dopo essere stata stuprata e picchiata con violenza. Ma poi ha ceduto di fronte alle minacce di morte verso il fratellino di due anni e mezzo. In seguito è riuscita a scappare con l’aiuto di una delle figlie del marito-carnefice, è tornata dalla famiglia e vive nella paura. Ad AsiaNews p. Saleh Diego, direttore della Commissione nazionale Giustizia e pace, afferma: “Siamo certi che otterremo giustizia. Chiediamo al primo ministro Imran Khan di proteggere le minoranze in tutte queste situazioni e portare la pace nel Paese”.

Neha è la figlia di Parvaiz Masih e Jamila. È nata l’8 ottobre 2003 e vive nella città di Itihad, vicino Karachi. La sua vicenda risale al 28 aprile scorso, quando sua zia Sundas, sorellastra della madre, chiede ai genitori di poter prendere con sé Neha per qualche giorno, per avere un aiuto con il figlio malato e ricoverato al Jinnah Hospital. La famiglia acconsente perché Sundas, che si è convertita all’islam sposando Muhammad Rehan qualche anno fa, è comunque una parente di fiducia.

Rapita da pakistano, costretta a convertirsi all’Islam

Sundas, invece di portare Neha in ospedale, la conduce a casa sua insieme al fratellino più piccolo. Lì ad aspettarli ci sono Mohammad Imran e Azra, fratello e sorella di Rehan (marito di Sundas), che torturano la ragazza cristiana e le impongono di sposare Imran. Lei rifiuta, viene portata da Imran in una stanza vicina e violentata; e rifiuta ancora. A quel punto la minaccia: “Se non ti converti e non sposi Imran, gettiamo tuo fratello giù dal tetto”. Alla fine Neha acconsente.

Il giorno dopo la ragazza viene portata davanti al maulana (religioso islamico) dove abbraccia la fede islamica, le viene cambiato il nome in Fatima e vengono celebrate le nozze. Poi il nuovo marito la porta a casa, dove viene costretta a soddisfare i desideri sessuali del coniuge per una settimana. Infine riesce a scappare e torna dai genitori. Di fronte al suo racconto, essi rimangono scioccati perché credevano che la figlia fosse ancora in ospedale ad aiutare il cugino malato.

La famiglia ha tentato di registrare una denuncia, ma la polizia ha rifiutato di ascoltare la loro deposizione. Nel frattempo la famiglia di Imran ha presentato una contro-denuncia accusando i genitori della ragazza di voler nascondere sua moglie Fatima/Neha, cosa che va contro la legge islamica.

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Il 13 maggio gli agenti hanno accolto la denuncia grazie al sostegno di attivisti e leader della Chiesa. Il rev. Gazala Shafiq, pastore della Church of Pakistan [protestante, ndr], lamenta che “il matrimonio per le ragazze al di sotto di 18 anni è punibile secondo il Codice penale. Neha è spaventata, si rannicchia in un angolo e ripete solo che se sarà costretta a ritornare a casa, nessuno più la aiuterà. Il suo cuore è infranto. Dobbiamo starle vicino e chiedere giustizia”.

>Si tratta di un problema molto più ampio, ma le cifre conosciute sono già altissime.
In Pakistan ogni anno vengono rapite circa 1.000 ragazze, di cui 700 cristiane, per essere convertite e costrette a sposare musulmani. Sono ragazze fra i 12 e i 25 anni, provenienti dai ceti poveri, indebolite dalla loro condizione sociale, dalla connivenza delle forze dell’ordine o dalle minacce dei rapitori.
Secondo quanto documentato dall’agenzia Fides, il destino delle giovani è particolarmente drammatico: “Sotto la custodia del rapitore, la ragazza può subire violenza sessuale, prostituzione forzata, percosse e abusi domestici, se non traffico di esseri umani”.
Anche nei rari casi in cui le denunce giungano fino in tribunale, la paura costringe le ragazze ad affermare di essersi convertite e sposate liberamente.
Padre James Channan, domenicano, direttore del “Peace Center” a Lahore: “
Il fenomeno è accertato. È davvero molto allarmante e preoccupante per cristiani e indù, che si sentono molto insicuri e vulnerabili […] In Pakistan mi sembra che cristiani e indù subiscano una discriminazione sociale, religiosa e politica che sta peggiorando”.

Pakistan, 700 cristiane l’anno “spose per l’islam”

Ogni anno circa mille ragazze delle minoranze religiose cristiane e indù vengono rapite, convertite e costrette a nozze islamiche: è lo sconcertante fenomeno che si riscontra nella società pakistana. Un nuovo rapporto inviato all’agenzia Fides, elaborato dal “Movimento per la Solidarietà e la Pace” – coalizione di Ong, associazioni ed enti fra i quali la Commissione “Giustizia e Pace” dei Vescovi pakistani – conferma le cifre diffuse negli anni scorsi dall’agenzia Fides: secondo le stime, 700 casi l’anno riguardano donne cristiane, 300 ragazze indù.

E se questi sono i casi censiti ufficialmente, “l’autentica portata del problema è probabilmente molto più ampia, dato che molti sono i casi non denunciati” spiega il Rapporto, inviato a Fides, dal titolo: Forced marriages and forced conversions in the Christian community of Pakistan.

Il testo illustra casi esemplari di donne cristiane soprattutto in Punjab e di donne indù in Sindh. Si tratta di ragazze tra i 12 e i 25 anni, di famiglie povere e classi sociali basse. Le denunce delle famiglie spesso si arenano di fronte al muro costituito dalle forze dell’ordine o alle minacce dei familiari dei rapitori. Nei pochi casi che arrivano in tribunale, la ragazze, intimidite e abusate, affermano di essersi convertite e sposate liberamente e il caso si chiude. “Sotto la custodia del rapitore, la ragazza può subire violenza sessuale, prostituzione forzata, percosse e abusi domestici, se non traffico di esseri umani” nota il testo. Il Rapporto descrive il contesto storico e sociale del problema e riporta l’appello della comunità cristiana in Pakistan, che lamenta “le inesistenti garanzie giuridiche, politiche e procedurali per la tutela dei diritti umani delle minoranze religiose” .

Padre James Channan, domenicano, direttore del “Peace Center” a Lahore, commenta a Fides: “Il fenomeno è accertato. E’ davvero molto allarmante e preoccupante per cristiani e indù, che si sentono molto insicuri e vulnerabili. Abbiamo trattato direttamente diversi casi di matrimoni forzati: le giovani appartengono alle classe sociali meno abbienti e spesso i ricchi proprietari terrieri musulmani ne approfittano per tali abusi. In Pakistan mi sembra che cristiani e indù subiscano una discriminazione sociale, religiosa e politica che sta peggiorando”.