Se la spassavano tre profughi africani sbarcati in Italia, qualche anno fa, e da allora accolti a spese dei contribuenti a Belluno.
Hotel con vitto e alloggio gratis e paghetta. Ma per loro no. Non era abbastanza. I tre profughi arrestati martedì mattina dalla Squadra Mobile di Belluno spacciavano. Ed erano diventati ricchi. A dimostrazione che non sono solo i finti profughi nigeriani a venire in Italia per spacciare. Anzi.
Nema Sherif Hadara, 29enne senegalese accolto alla cooperativa di Via Vittorio Veneto, Amadou Koma, 22enne gambiano, accolto in una struttura della coop in via Silonghe a Sedico e Lamine Faty, 35enne senegalese accolto in una parrocchia in città, avevano creato, dal nulla, un business che li aveva resi ricchi.
Questi sono gli immigrati che, secondo i media dovremmo accogliere in Italia in caso di ‘guerra’ in Libia.
Di solito si rifornivano a Padova o Mestre tre volte a settimana. Il resto dei giorni spacciavano dalle 9 alle 19 con una vedetta che segnalava l’arrivo dei clienti. «Nella nostra città persone così non possono e non devono trovare posto. Non è accettabile che, in cambio di aiuto, si venda morte» ha commentato il sindaco Jacopo Massaro. Mentre il prefetto Francesco Esposito si è congratulato col questore e la Squadra Mobile, revocando l’accoglienza ai richiedenti asilo. Mercoledì è arrivata la convalida degli arresti.
Le strutture di accoglienza, già controllate costantemente dalla Prefettura, non sono sotto indagine. Il giro di spaccio solo a Lambioi.Sul caso anche il presidente della Regione Luca Zaia. «Il Veneto non è una terra di conquista per chi pensa di venire qui a violare la legge — ha scritto — Il gruppo di malviventi appare ancora più detestabile perché dietro la facciata di necessità umanitaria mascherava un mercato mortale in un parco che è un’oasi frequentata da famiglie».