Nella pancia della balena un feto e 22 kg di plastica: l’abbiamo uccisa noi

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L’abbiamo uccisa noi con il nostro totale e progressista disinteresse per la bellezza che ci circonda. Anche questo, con la perdita delle radici e il consumismo dei sentimenti, è un effetto dell’entropia.

Era una mamma, il capodoglio trovato spiaggiato venerdì scorso a Cala Romantica, vicino a Porto Cervo. Lunga 8 metri, portava in grembo un feto di poco più di due metri e mezzo, già morto e in parziale decomposizione.

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Lo stomaco di questo esemplare femmina di capodoglio era pieno di plastica, diversi chili (22 secondo il ministro dell’Ambiente Sergio Costa): piatti monouso, un tubo corrugato usato per gli impianti elettrici, le comuni buste per la spesa, grovigli di lenze, sacchi condominiali, persino l’imballaggio di un detersivo con ancora riconoscibili marca e codice a barre e numerosi altri rifiuti abbandonati in mare.

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Luca Bittau, biologo della onlus SeaMe Sardinia che ha partecipato alle operazioni di recupero della carcassa, spiega: “C’erano addirittura sacchetti dov’è ancora possibile leggere il codice a barre. Siamo rimasti sgomenti. Rappresenta un monito per quanto stiamo facendo a questi animali, al nostro mare e a noi stessi”.

La vera emergenza ambientale è l’inquinamento, non le sciocchezze della pulzella svedese. E quello marino, con quello dell’aria, è qualcosa che dobbiamo affrontare: perché non c’è populismo senza amore per la propria terra.

Dobbiamo eliminare i sacchetti di plastica, che sono una vera e propria calamità per il mare. Ma non solo questo.




Un pensiero su “Nella pancia della balena un feto e 22 kg di plastica: l’abbiamo uccisa noi”

  1. Fare la differenziata va bene ma poi di notte passa il Negro di merda o il tunno di merda a ravanare dentro al cassonetto buttando tutto fuori…
    e l’italiano paga

I commenti sono chiusi.