Meluzzi: “Il cuore di Pamela è stato mangiato dagli africani ma non si può dire”

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E’ in corso il processo al depezzatore di Pamela, il profugo nigeriano Oseghale. A porte chiuse, per non turbare l’opinione pubblica. Su questo tentativo di sminuire il brutale delitto, la testimonianza che già vi avevamo proposto:

Il cuore di Pamela è stato mangiato. Chiunque sia un esperto di criminologia lo sa da tempo. Soltanto che una verità così angosciante non si può rivelare. Il politicamente corretto lo esige. E la magistratura, consapevolmente o meno, nasconde la completa verità per la paura che Macerata insorga, vi sia un sommovimento popolare che potrebbe travolgere le istituzioni. Meglio minimizzare, preparare a poco a poco l’opinione pubblica alla tragica verità, se mai verrà rivelata. Vede, mangiare il cuore di una donna è un rito comunissimo tra i bambini soldati della Nigeria e tra i componenti mafiosi dell’Ascia Nera in Nigeria: si beve il sangue del corpo di una giovane donna, come se si succhiasse loro l’anima, si mangia il loro cuore, per impadronirsi della forza della morta. E’ un rito ancestrale che risale ai tempi dei tempi, dove vigeva il cannibalismo. E probabilmente questo è avvenuto anche con Pamela. Solo che si tace. Sa che in Nigeria, a Lagos, vi sono dei ristoranti dove si cucina carne umana proveniente dai sacrifici umani? Sui gommoni arriva gente ferma ai tempi dell’età della pietra. Ecco perché ora le istituzioni tacciono, minimizzano. Ma noi criminologi sappiamo da tempo. Succederà ancora. Solo che esitiamo a dirlo: non vogliamo essere definiti nazisti o razzisti, Ma purtroppo è così: il cuore di Pamela è stato mangiato da un gruppo di africani”.

Infatti, il cuore, con altre parti del corpo di Pamela, come gli organi sessuali esterni, non sono mai stati ritrovati. E’ probabile siano stati utilizzati in rituali tribali africani.

Sul tentativo di sminuire quanto accaduto, interviene anche Blondet con un articolo, nel quale si chiede:

OSEGHALE HA CERTO SMEMBRATO ALTRE PAMELE. QUANTE E DOVE, NESSUNO DOMANDA


Questo perché la “disarticolazione” del cadavere, necessaria a fare a pezzi la povera Pamela per farla entrare nei trolley, ha sorpreso anche un esperto del settore come il professor Cingolani, che su quei pezzi ha effettuato l’autopsia: “I tagli sono precisi, alla schiena ad esempio all’altezza dei dischi, che sono più elastici. Un’opera molto raffinata: io faccio autopsie da 40 anni e lo avrei fatto in modo analogo“. Il professore ha aggiunto che “in Italia non ci sono stati casi di disarticolazione” prima di questo.

Un altro dono dell’immigrazione. Pensate: un esperto patologo e chirurgo si sorprende dell’abilità del nigeriano profugo nel ‘disossare’ la povera Pamela.

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Bisogna cercare articoli di mesi prima per ricordare come il professor Cingolani fosse sorpreso: “Se per assurdo avesse dovuto fare quest’operazione un medico legale, in un laboratorio e con tutti gli strumenti del caso a sua disposizione, ci sarebbero volute almeno otto ore”.

“Ora – si chiede Blondet, e noi con lui – se il nigeriano è capace di smembrare il corpo di Pamela in modo così raffinato da meravigliare un perito settore che fa autopsie da 40 anni, dovrebbe venire da sé la domanda: quante altre volte l’ha fatto, prima, il negro? Perché deve aver imparato certi segreti del mestiere, come tagliare all’altezza dei dischi perché sono più elastici. Una pratica che comporta altre esercitazioni, su altri corpi. In Nigeria, sicuramente. Ma in Italia, quanti? Quanti altri corpi ha magari fatto a pezzi qui, il negro, per acquistare quella mano e quell’esperienza”.

“E’ certo che non sono state uccise e tagliate a pezzi altre Pamela? Perché non se lo domandano gli investigatori? Se lo domandano i giudici?”.

Già, perché?

E per colpa di questo volere ignorare, ora la mafia nigeriana è tra noi. Arrivata con i barconi.

La casa madre è in Nigeria. E’ una rete mondiale. Diffusa con l’immigrazione. E la capitale fuori dalla Nigeria è a Castel Volturno, mentre il centro richiedenti asilo di Mineo (Catania), era la base operativa di uno dei clan: i Vikings. Quel che ti aspetti, con l’immigrazione, è quello che è sotto gli occhi di tutti: l’insediamento nel centro-nord, dalle Marche al Piemonte, dall’Emilia Romagna alla Lombardia al Veneto. Ovunque ci siano immigrati nigeriani. Ovunque ci siano profughi inviati dal governo precedente con la famigerata “accoglienza diffusa”.

E’ la piovra nera. O negra, se non vogliamo essere politicamente corretti.

Gianni Tonelli, oggi parlamentare della Lega, torna agli inizi della sua carriera di poliziotto. Quando da giovane agente a Ferrara si trovò a indagare su una certa ‘madame’ che gestiva un traffico di ragazze. Allora il fenomeno era ignorato, “m’immaginavo che quel nome indicasse reverenza e rispetto. Invece è un ruolo ben definito nell’organizzazione. Erano i primi segnali, era l’88. Compresi che c’era una rotazione, venivano sequestrati i passaporti. La madame viveva a Firenze, faceva la spola con la Nigeria. I colleghi della Toscana arrivarono in fondo, ma l’indagine era sempre per sfruttamento della prostituzione. Quindi la conclusione è questa: la mafia nigeriana opera da trent’anni in Italia. Non abbiamo voluto vederla. E questa miopia si è ripetuta anche a Castel Volturno. Abbiamo considerato i nigeriani coinvolti vittime della camorra, invece era una guerra tra i nostri e la nuova organizzazione che voleva conquistare fette di territorio”.

Vero, Saviano?