Sgozzato da profugo, sentenza farsa: famiglia distrutta

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Dopo la delirante sentenza di poche ore fa:

Sgozza italiano, sconto di pena per “stress da barcone” – VIDEO

“Hanno ucciso mio marito per la seconda volta”, “la giustizia non esiste”, “una vergogna”. Sono sconfortati e disperati i commenti della vedova di Maurizio Gugliotta dopo aver ascoltato, incredula, la sentenza che ha condannato l’assassino del marito, il 27enne profugo nigeriano Khalid De Greata, a soli 12 anni. La pronuncia, con singolare, contestuale lettura delle motivazioni, quest’oggi mercoledì 20 marzo 2019, in Tribunale a Torino, da parte del giudice, dott. Stefano Vitelli, ha scatenato la rabbia dei familiari: in aula c’erano sia la moglie sia i tre figli del 51enne operaio di Settimo Torinese, sostenuti dal dott. Giancarlo Bertolone, consulente personale di Studio 3A-Valore S.p.A., che li assiste.

Il Pubblico Ministero titolare del fascicolo, dott. Gianfranco Colace, aveva chiesto l’ergastolo per omicidio aggravato dai futili motivi e per il tentato omicidio dell’amico che, quel maledetto 15 ottobre 2017, si trovava con la vittima al mercato del libero scambio di Torino, richiesta a cui si sono associate le parti civili che rappresentano i congiunti di Gugliotta. Ma alla fine si è arrivati a una condanna molto mite e parsa del tutto inadeguata per la gravità ed efferatezza del crimine commesso.

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Decisivo, come si paventava, il peso della seminfermità mentale riconosciuta all’imputato da due perizie psichiatriche e sulla base della quale è stata esclusa l’aggravante dei futili motivi: l’improvvisa aggressione coltello in pugno da parte del rifugiato nei confronti dei due amici, di cui neanche il superstite ha saputo fornire una spiegazione (il killer si è giustificato asserendo di essersi sentito “offeso”), è stata in pratica attribuita alla patologia paranoide da cui sarebbe affetto De Greata.

Il giudice ha quindi applicato il massimo della pena prevista per l’omicidio non aggravato, 24 anni, ha sottratto il massimo previsto per la seminfermità, ossia un terzo, otto anni, ne ha aggiunti due per il tentato omicidio, arrivando a 18, e ha ridotto di un terzo per lo sconto di pena determinato dalla scelta del rito abbreviato: risultato, 12 anni. Troppo pochi per la famiglia Gugliotta, che se ne aspettava ben di più, e a poco vale a lenire il loro dolore il fatto che, finita di scontare la sua condanna, l’imputato sarà sottoposto ad altri tre anni di misura di sicurezza in una struttura psichiatrica, da cui potrà uscire solo se e quando non sarà più ritenuto socialmente pericoloso.

Il giudice ha anche stabilito una provvisionale immediatamente esecutiva di 150mila euro per la moglie e per ciascuno dei tre figli di Gugliotta, 600mila in tutto, peccato che il giovane nigeriano sia nullatenente, e il che Fondo Vittime da crimini violenti dello Stato, oltre alle difficoltà per accedervi, preveda come risarcimento massimo la bellezza di poco più di settemila euro: l’ennesima beffa.

“Non è possibile, non è giusto, non possiamo accettare una pena del genere, così vergognosa: abbiamo tanta rabbia, un dolore indescrivibile – ha commentato un paio d’ore dopo, a mente un po’ più fretta, la vedova, Carmela Caruso – Cosa sono dodici anni? Te li danno se vai a rubare, ma qui è stata ammazzata una persona, un padre di famiglia. Hanno ucciso mio marito un’altra volta e noi con lui”.

“Ma quale seminfermità mentale – aggiunge la moglie di Gugliotta – Certo, ci sono tutti i periti del mondo, ma per noi De Greata non è pazzo e anche se lo fosse dodici anni, ripeto, non sono una condanna giusta per me e per i miei figli, ma credo per tutti. Non è plausibile. E’ vero, eravamo preparati al fatto che, a fronte di questa seminfermità, la pena sarebbe stata ridotta, ma non così. Questa è una presa in giro. Non ci crediamo ancora. La giustizia non esiste. Dov’è, questa giustizia? Cos’è? A noi ha portato solo altro dolore”. Parole forti, amare, che fanno riflettere.

“La giustizia per essere tale dev’essere “percepita”: le ultime sentenze che sono state pronunciate su gravi delitti, quella per l’omicidio del signor Gugliotta su tutte ma non solo, non fanno certo percepire la presenza dello Stato e della giustizia, non danno alcuna garanzia ai cittadini di essere adeguatamente tutelati dal Diritto – commenta a sua volta il Presidente di Studio 3A-Valore S.p.A., dott. Ermes Trovò – Le sentenze vanno accettate, è importante commentarle ma il legislatore deve fare tesoro del sentire comune e pensare a promulgare leggi che evitino la distorsione della giustizia. E ci auguriamo che lo Stato si decida finalmente a renderla, questa giustizia, alla famiglia Gugliotta, e che, per il tramite della Procura di Torino, voglia impugnare questa sentenza”.