Demografo smentisce sinistra: “Immigrati non ci pagheranno pensioni” – LEGGI

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Abbiamo già parlato del nuovo presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo, demografo, docente all’università di Milano Bicocca e dei suoi studi dell’impatto negativo dell’immigrazione sul sistema pensionistico italiano.

Lo studio che pubblichiamo di seguito potrete utilizzarlo ogni qual volta sentirete la bufala degli ‘immigrati ci pagheranno le pensioni‘:

La conclusione dello studio è particolarmente interessante:

Il principio secondo cui l’immigrazione verrebbe a configurarsi come “antidoto” all’invecchiamento della popolazione europea; tuttavia, allorché si spingono le analisi oltre l’orizzonte del breve periodo e se ne valutano gli effetti a distanza di alcuni decenni, il tanto enfatizzato sostegno al “ringiovanimento” da parte dei flussi migratori ne esce fortemente ridimensionato.

I dati mostrano come sino alla metà di questo secolo l’UE nel suo complesso, quand’anche con significative differenze tra i membri che acquisiscono e quelli che cedono popolazione per effetto della mobilità territoriale, sarà caratterizzata da un crescente livello di invecchiamento “importato”.

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Un fattore che, aggiungendosi alla perdurante bassa natalità e al continuo allungamento della sopravvivenza contribuirà ad appesantire una struttura per età che già di per sé potrà avere riflessi problematici sui futuri equilibri socioeconomici del vecchio continente.

Insomma, la soluzione all’invecchiamento della popolazione non è l’immigrazione. E questo anche solo dal punto di vista pensionistico che, in teoria, era l’unico motivo che poteva avere una minima credibilità. Non ce l’ha.

Come spiega sempre Blangiardo in un’intervista, infatti, “il problema è che un giorno anche questi lavoratori avranno diritto alla pensione. Già nel 2030 raggiungeranno l’età pensionabile 200 mila persone che non sono nate in Italia. Nel frattempo siamo passati dal sistema a ripartizione a quello contributivo, e i nuovi pensionati saranno persone che hanno versato poco e per pochi anni, perché di solito hanno cominciato tardi (prima lavoravano in nero). Riceveranno pensioni da fame commisurate a quello che hanno versato, e per ragioni sociali sarà necessario integrare al minimo i loro assegni pensionistici. La fiscalità generale dovrà contribuire.”

Detto in modo rozzo: fanno lavori che non creano ricchezza. Servono a fare arricchire i soliti noti e quindi versano molto poco di contributi. Ergo, la loro pensione sarà bassissima. Qualcuno dovrà versare la differenza: gli italiani con le tasse.

Ovviamente, una soluzione c’è, e non è nemmeno complicata. Ma danneggerebbe pochi ricchi, quelli che detengono il potere politico e mediatico: far lavorare i giovani disoccupati italiani, un esercito che se messo in moto garantirebbe il futuro pensionistico per molti anni, anche perché farebbero lavori più di qualità rispetto a quelli degli immigrati che non generano ricchezza. Abbastanza da garantire una transizione dolce verso la rivoluzione robotica che renderà obsoleti moltissimi lavori.

Perché se è vero che la bassa natalità è un fenomeno da non sottovalutare, questo non c’entra nulla con la fantomatica esigenza di importare immigrati. Altrimenti dovrebbero spiegarci una cosa: se fosse vero che mancano giovani, non ci sarebbero giovani disoccupati. Il problema demografico è, semmai, un problema che si porrà tra una ventina di anni, quando non sarà più un problema per la pervasività della robotizzazione dell’economia.