Spataro: “No legittima difesa, perseguire chi odia i migranti”

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L’ex procuratore di Torino, Armando Spataro, quello che ha assunto finti profughi al posto di italiani, torna ad attaccare Salvini. E le sue tesi sono sempre più deliranti.

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“La sicurezza è diventata un brand pubblicitario nel nome del quale si giustifica tutto e si fanno dei ’decreti manifesto'”.
“La legittima difesa già esiste. Con questo provvedimento, come varato dal Senato, viene meno la proporzionalità tra offesa e difesa. Per me è inaccettabile”.

“Oggi in Italia c’è un sentimento nei confronti degli immigrati che è frutto della xenofobia dilagante a livello europeo. Direi che nel nostro Paese c’è un crescente razzismo che si avvicina al fascismo e al neo nazismo. Chi è in politica dovrebbe in questo momento avere il coraggio di prendere delle posizioni e delle scelte impopolari. Bisognerebbe dare priorità ai reati di odio razziale”.

“Le migrazioni sono un fenomeno di fronte al quale la scelta sovranista non paga. Il problema dei migranti è irrisolvibile con misure di polizia e il decreto sicurezza 2018, convertito in legge, ha avuto diverse conseguenze negative, creando problemi tecnici, giuridici e politici perchè ha ribaltato l’assetto delle procedure riguardanti le richieste di asilo e le richieste di protezione umanitaria”. E meno male, la pacchia è finita.

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Il problema non sono le sciocchezze che dice oggi da pensionato, ma il fatto che per anni abbia disastrato le procure da lui dirette. A Milano, mentre il profugo Kabobo picconava in testa i passanti, lui andava a caccia di fantasmi razzisti e non perseguiva i clandestini.

E’ vero, le ‘migrazioni’ non si affrontano solo con misure di polizia: servono azioni ‘demografiche’. Serve abrogare i ricongiungimenti familiari ed impegnare l’esercito in espulsioni di massa. Ma intanto abbiamo azzerato gli sbarchi.

E l’odio è un sentimento, non un reato. Si affronta sul piano morale ed etico, non giudiziario. Ad esempio Spataro odia gli italiani, ma non ci sogneremmo di mandarlo in carcere per questo, semmai per quello che ha fatto e non ha fatto, e che lo rende complice del disastro.




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