Udienza tesa quella di ieri mattina al processo per la morte dello spacciatore tunisino Bohli Kayes, avvenuta la sera del 5 giugno 2013 a seguito di un arresto avvenuto nel parcheggio del supermercato Lidl di Riva Ligure, dove il tunisino aveva avviato un’attività di spaccio.
I carabinieri che l’hanno arrestato sono ora imputati al processo per omicidio colposo. Secondo l’accusa sostenuta dal Pubblico Ministero Lorenzo Fornace, i due avrebbero esercitato una pressione eccessiva sul suo corpo impedendogli di respirare e provocandogli così la morte per asfissia. I due sono difesi dagli avvocati genovesi Paolo Pendini e Alessandro Vaccaro.
Roba da matti: una ‘pressione’ eccessiva. Ma magari tutti gli spacciatori venissero ‘premuti’ eccessivamente.
Sul banco dei testimoni, dopo la disposizione dell’accompagnamento coatto per due precedenti chiamate a vuoto, la sindacalista Cgil Costanza Florimonte, che per tanti anni ha lavorato a Imperia, prima di trasferirsi alcuni mesi fa. Quel giorno lei era presente davanti all’ingresso del supermercato dove i due carabinieri eseguivano l’arresto del tunisino che dopo alcune ore sarebbe morto.
La sindacalista, in un’aula piena tra giornalisti, rappresentanti delle forze dell’ordine e attivisti per i diritti degli spacciatori, ha ripercorso quegli attimi entrando spesso in contrapposizione con il giudice Laura Russo e con il Pubblico Ministero Lorenzo Fornace, il quale ha più volte rimarcato le differenze tra quanto dichiarato pochi giorni dopo i fatti e quanto detto questa mattina.
In sintesi la testimone ha detto di aver visto tre uomini, e un quarto che si è aggiunto dopo, (i due imputati, un terzo carabiniere inizialmente accusato e un ex militare ndr) trascinare bruscamente Bohli Kayes verso l’auto e che durante l’operazione il tunisino ha sbattuto la testa contro il guardrail che si trova a bordo dell’Aurelia.
“Non volevano certamente ucciderlo, ma hanno usato metodi molto bruschi”, ha detto la sindacalista.
Il giudice, dopo aver sentito un altro testimone per la parte civile rappresentata dagli avvocati Paolo Burlo e Bruno Di Giovanni, ha rinviato il processo al 17 aprile.
Chi fa il proprio dovere viene mandato a processo. Ecco cosa volevano fare anche a Salvini.
poverino….. certo avrebbe dovuto essere portato al bar a farsi una birra…. perchè non vanno i giudici per strada ?