Svolta Lega in Friuli: case e aiuti solo a italiani

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Mentre Orlando e De Magistris hanno regalato un Natale nella spazzatura ai propri cittadini, che mettono in secondo piano rispetto ai clandestini, dove governa la Lega la musica è diversa. Opposta.

E’ il caso del Friuli, dove il neo governatore Fedriga ha impresso una svolta epocale al marcio anti-italiano della Serracchiani.

La giunta regionale ha infatti alzato i criteri di residenza in Fvg da 2 a 5 anni per edilizia popolare, Mia, contributi-sicurezza e asili gratuiti. E’ un primo passo.

Il motto è “prima i friulani”. Perché ognuno deve essere re a casa propria. Se si potesse si scriverebbe in una legge che le case popolari devono andare solo agli italiani, invece si è costretti ad aggirare il problema: per l’attempata costituzione che ci troviamo e i vincoli Ue.

Se escludiamo il trasporto pubblico locale, dove la marcia indietro è stata repentina, è tutta tranne che figlia del caso – anzi nasce da un progetto di largo respiro – la serie di strette, dalle case Ater al “bonus povertà”, volute dalla Lega.

Un insieme di vincoli più duri con un minimo comune denominatore tra loro – seguendo un concetto misto tra “sangue e terra” –: quello della residenza in Fvg, innalzata più o meno ovunque dai vecchi 24 mesi ai nuovi 5 anni, necessaria per accedere ai contributi regionali in materia.

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Il primo esempio in questa direzione è arrivato già durante il mese di luglio, a una manciata di mesi dall’insediamento della giunta. Nel pacchetto di contributi destinati ai singoli cittadini per l’installazione di impianti di sicurezza nelle abitazioni, l’assessore Pierpaolo Roberti ha stabilito, nell’apposito regolamento, che questi possano essere concessi ai residenti in Fvg da almeno cinque anni in via continuativa.
E così i beneficiari potranno liberamente acquistare, installare, ampliare e attivare sistemi anti-furto, anti-rapina, anti-intrusione e videosorveglianza, ma soltanto, appunto, a condizione di avere la residenza all’interno dei confini regionali da almeno un quinquennio.

Ma ecco la scelta di cambiare i criteri di accesso alle graduatorie che possono garantire un alloggio di edilizia popolare. La giunta di Debora Serracchiani, in precedenza, aveva definito il tetto minimo di residenza in 24 mesi.

L’assessore Graziano Pizzimenti, invece, ha puntato a una modifica profonda fissando prima di tutto la residenza anagrafica nel territorio regionale ad almeno 5 anni non continuativi negli 8 antecedenti la richiesta di alloggio.

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Non soltanto, però, perché poi la Lega ha ribaltato l’onere della prova sulla mancanza di proprietà nel proprio Paese d’origine – da parte di uno straniero proveniente da uno Stato non Ue – come conditio sine qua non per ottenere una casa Ater in Fvg. E’ il metodo Lodi iniziato a Cascina dalla Ceccardi, vera paladina degli italiani che vogliamo prossimo governatore della Toscana.

Se prima, infatti, era sufficiente un’autocertificazione e la verifica di eventuali discrepanze era nelle mani degli organi di polizia italiana, adesso deve essere il cittadino extracomunitario a presentare, preventivamente, opportuna documentazione prodotta dalla propria ambasciata o dal proprio consolato.

Il bonus povertà – Finita nel mirino dell’opposizione per tutta la passata legislatura, soprattutto per la percentuale di cittadini stranieri cui veniva concessa, la Misura attiva di sostegno al reddito (Mia) ha subito una “picconata” nell’ultima legge di Stabilità, la prima della giunta Fedriga.

Nel pacchetto da 28,5 milioni di euro inserito in Stabilità – dei quali 11,5 per il Reddito di inclusione e 9 per il prosieguo dei pagamenti di chi ha già diritto alla Mia – Riccardo Riccardi ne ha per cui sì stanziati 8, a titolo straordinario, per i nuovi accessi al bonus anti-povertà, ma allo stesso tempo ha modificato i criteri per l’ottenimento del sostegno economico con l’elevazione da 2 a 5 degli anni di residenza in Fvg necessari ad accedere a una misura che, tra l’altro, non verrà erogata più dall’Inps, ma direttamente dai servizi sociali comunali, sarà valida fino al 31 dicembre – in attesa di capire se e come il reddito di cittadinanza nazionale vedrà mai la luce –, e si baserà sugli Isee 2019.

Asili nido – L’ultimo step di queste strette è teorico, perché è stato messo in cantiere, ma non è ancora completato. Parliamo, nel dettaglio, della decisione, finanziata con 14,5 milioni di euro, di taglio delle rette per gli asili nido in Fvg rendendo le stesse gratuite per tutte le famiglie, dal secondo figlio in poi, con un Isee fino a 50 mila euro.

Il regolamento attuativo verrà pubblicato entro fine mese, la giunta ha annunciato la volontà di inserire anche in questo caso il criterio dei 5 anni di residenza per ottenere i contributi, ma prima del definitivo via libera dalle parti dell’assessorato di Alessia Rosolen si attendono le proiezioni finali dell’incidenza che avrà la misura all’interno della Regione.

Trasporto pubblico – Nonostante le polemiche e gli attacchi del centrosinistra la giunta, in questi mesi, ha sempre tirato diritto sul nuovo modello di welfare che ha in mente per il Fvg, tranne in una circostanza. Quando, cioè, la maggioranza ha deciso di stanziare 6 milioni in tre anni per rendere gratuito il servizio di trasporto pubblico locale extraurbano a tutti gli studenti fino ai 26 anni di età, aveva anche pensato di inserirvi i 5 anni di residenza obbligatoria in Fvg.

Un’idea poi tramontata perché avrebbe penalizzato le migliaia di studenti universitari iscritti a Udine o Trieste, città in cui spesso vivono tutta la settimana nonostante la provenienza (e relativa residenza) sia extraregionale.

Perché il motto, se analizziamo bene i provvedimenti, non è prima gli italiani, è ‘solo’ gli italiani. E a noi piace un casino.