Profughi spacciatori: oltre 50 tra arresti e rinvii a giudizio

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I cosiddetti profughi nigeriani con permesso umanitario si confermano l’esercito di spacciatori della mafia nigeriana. Solo oggi, si registrano oltre una cinquantina tra arresti e rinvii a giudizio.

Dopo il caso di Terni:

Smantellata rete di profughi spacciatori: 31 arresti

Ecco il Trentino.

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Oltre 7 chili di stupefacenti sequestrati: 4000 dosi di eroina, 50 di coca e oltre 30000 di cannabis. E poi 10 persone arrestate (otto profughi e due trentini) e 54 indagati.

Sono i numeri dell’operazione «Bombizona» della squadra mobile della polizia che è arrivata alla richiesta di rinvio a giudizio per tutti i 54 coinvolti. L’operazione era iniziata ancora lo scorso anno e aveva scatenato molto clamore anche perché i blitz della polizia avevano toccato le strutture di accoglienza della Provincia.

Delle 54 persone toccate dall’indagine, 23 sono quelle che nel corso degli anni sono passate per il progetto di accoglienza per i richiedenti asilo che è seguito dal Cinformi. Di questi sette vivevano in alloggi «provinciali» (sei alla Brennero di Trento, uno nel b&b di San Lorenzo Dorsino). Due di questi sono stati arrestati, per 3 è scattato il divieto di soggiorno e per due la denuncia. Poi ci sono quelli che operavano da fuori in una struttura che – dagli elementi che sono stati raccolti dagli investigatori – risultava essere molto organizzata.

Fra i 1.500 e i 2.000 euro il guadagno giornaliero dalla vendita in piazza. Con ordinazioni che venivano fatte tramite telefono.

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Gli stranieri arrestati (tutti nigeriani, tutti della stessa provincia) erano riusciti ad imporsi sulla piazza trentina attraverso un’occupazione militare del territorio: l’estate 2017 aveva visto aggressioni in serie nella zona di piazza Dante che vedeva contrapposti i nordafricani ai nigeriani. Che avevano vinto.

Ogni giorno, sempre in base all’indagine, c’erano fra le 10 e le 15 persone (nigeriani) che controllavano il perimetro della piazza. Tipo esercito.

Attive nell’organizzazione anche le donne. È a loro – secondo la polizia che in questa indagine è stata coordinata dal sostituto procuratore Davide Ognibene – che viene affidato il trasporto dello stupefacente.