I 120 italiani che si sono messi un immigrato in casa

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Un flop l’iniziativa lanciata tre anni fa da Refugees Welcome, con sole 120 ‘accoglienza’ in 3 anni.

L’idea di partenza, dice Laura Pinzani, “era fare qualcosa, essere attivi e accoglienti. E’ così che ci siamo fatti avanti e abbiamo aperto la porta di casa a Sahal”.

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Da otto mesi ha in casa Sal Omar, proveniente dalla Somalia. “Ci siamo incontrati in un bar romano e ci siamo piaciuti”. Sal Omar, arrivato tre anni fa in Italia, ha trascorso i primi due anni nei centri di accoglienza in Sardegna.

Laura e Sahal sono uno dei casi della rete di cuckold nostrani Refugees Welcome Italia, l’associazione che tra il 2016 ed il 2018, ha messo in contatto italiani e immigrati, aiutando a realizzare 120 convivenze in Italia. Ripetiamo: in Italia, su 60 milioni di abitanti, quelli che veramente e non solo a parole sono pronti all’accoglienza sono stati 120 in 3 anni. Con un migliaio di potenziali richiedenti iscritti alla piattaforma.

Di queste, 31 sono attualmente in corso, 8 a tempo indeterminato.

“Le linee guida rappresentano una doppia sfida: la prima alle istituzioni che hanno la governance delle politiche di accoglienza e del welfare (e qui si scopre che sì, accolgono, ma sono i contribuenti a pagare l’accoglienza), senza le quali nessuna pratica può essere messa a sistema, la seconda al variegato mondo del Terzo settore”, ha raccontato Fabiana Musicco, presidente dell’associazione.

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Dal 2019 con un progetto finanziato dal fondo europeo Fami (soldi dei contribuenti che la Ue poi regala agli immigrati) partiranno altre 160 convivenze.

Fa più esotico mettersi in casa un africano rispetto ad un anziano italiano o un padre separato che vive in auto.

E’ interessante notare che questa rete di Welcome Refugees ha 200 volontari: nemmeno tutti loro accolgono.

Inutile dire che associazioni come questa rappresentano il sintomo di una malattia più profonda, una perversione che vede una componente minoritaria della popolazione impegnarsi per la distruzione della propria civiltà. E’ come se durante l’occupazione nazista, le donne francesi avessero accolto in casa propria i soldati di Hitler.

In effetti ci sono state, e le chiamavano ‘putains’.




4 pensieri su “I 120 italiani che si sono messi un immigrato in casa”

  1. Pietosi soggetti d’antica frustrazione, che sotto l’umanitaria bandiera hanno trovato l’agognato sollievo alla tormentosa smania di accogliere.
    La desolante astinenza è finita: finalmente un’asta da impugnare anche per loro!

  2. Mi ricordano tanto il turismo sessuale delle tardone mummificate ma ancora sbavanti,americane, in paesi come la giamaica…..

    Solo che le mummie bavose (con cui si fanno le anestesie in ospedale,mostrando una loro foto in bikini), non vanno a cercarsi (a pagamento) il bambù per motivi artitrici e similari…..

    Ora esiste il servizio a domicilio (solo 2 euro in più)…per le bisognose impossibilitate a muoversi……

    Ehhh……i più alti servizi umanitari, della moderna ”società civile” , sono il nostro orgoglio….

I commenti sono chiusi.