Feltri analizza la catastrofe europea delle squadre ‘italiane’:
Da lustri non siamo capaci di coltivare neppure l’ orgoglio campanilistico che un tempo ci dava energia, non mandiamo più in campo la razza Piave e nemmeno i ragazzi cresciuti all’oratorio o quelli che tiravano calci per strada: assumiamo e coccoliamo brocchi stranieri, neri o non neri, brava gente priva di attaccamento alle città che rappresentano. Per correre, corrono, ma a cazzo. Pensano allo stipendio, non al cuore di chi ingenuamente li segue come fratelli fortunati.
Persino una squadra storicamente paesana e ruvida quale la mia Atalanta oggi schiera dieci calciatori su undici provenienti da mezzo mondo, nonostante disponga del settore giovanile più prolifico del Paese. Scelte che probabilmente hanno un senso, che però non comprendiamo perché gli esiti sono nefasti. Farei notare al lettore che solo due atleti nostrani hanno segnato in Champions. Vorrà dire qualcosa o no?
Bartali direbbe: gli è tutto da rifare.
Tutto ha inizio con:
E il calcio è la rappresentazione sportiva di un problema che riguarda la società nel suo complesso: le società multietniche sono più deboli.
Solo l’italia del calcio?
…..allora non è poi così grave…..