E forse abbiamo sbagliato. Perché anche lei è vittima di quel sistema delle ong che oltre a basarsi su un principio di perversione naturale che mette l’altro sopra di noi, agisce anche in modo totalmente dilettantesco.
C’è chi scarica in Italia rifiuti infetti e chi manda volontari ragazzini poco più che ventenni allo sbaraglio.
Silvia è lei stessa vittima, intanto perché poverina è in mano ad un branco di selvaggi, e non sappiamo se tornerà a casa. E se tornerà, è probabile che rimarrà segnata per sempre. Ma lo è anche del lavaggio del cervello che menti fragili subiscono dal complesso militare industriale del fanatismo terzomondista: è diventato trendy andare in una foresta africana ad insegnare. Invece di aiutare chi ha bisogno qui, tra noi.
E’ evidente che non tutti hanno la capacità di comprendere il sottile ricatto che viene fatto a tambur battente dal sistema mediatico: che vuole farci sentire in colpa. Anche se non abbiamo alcuna colpa.
E a proposito di colpe, per l’eventuale riscatto che andrà pagato per liberare Silvia – è comunque una ragazza italiana da salvare -, andrà chiesto il rimborso all’ong che l’ha mandata, contro ogni principio di sicurezza, da sola in mezzo ad una foresta del Kenya: quando tutti sanno che in zona operano i terrorismi islamici somali provenienti dai vicini campi profughi. Che ormai sono diventate città.
Non solo. D’ora in poi, le ong che vanno nel terzo mondo, dovrebbero essere costrette a stipulare un’assicurazione che rimborsi lo Stato italiano in caso di rapimento e riscatto. Perché se voi avete smanie di altruismo patologico, ne dovete pagare il conto.
E speriamo che Sivlia non debba pagare il conto del suo e del vostro.
La Capa di cazzo?