Metodo Riace, 70 indagati per finti matrimoni misti

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Chiuse le indagini sui finti matrimoni misti per l’ottenimento della cittadinanza italiana in stile Lucano.

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Settanta sono le persone sottoposte ad indagine. L’inchiesta della Procura di Salerno, ribattezzata “Unione di fede”, ha portato alla scoperta di un’associazione per delinquere, con base a Battipaglia, nei palazzoni popolari di via Manfredi, che combinava sulla carta matrimoni con africani, in prevalenza marocchini di entrambi i sessi, dietro il pagamento di un lauto compenso.

Seimila euro
. Agivano come un’agenzia, una sorta di “Wedding planner” del falso. Organizzavano in ogni dettaglio tutto ciò che occorreva per il rito, rigorosamente davanti all’ufficiale di stato civile. Si preoccupavano di trovare lo sposo o la sposa italiana, coi quali combinavano il “cachet” per un anno di matrimonio, e reclutavano anche i testimoni per dimostrare, sempre falsamente, l’unione dei due sposi che, se andava bene, si erano visti due sole volte nella loro vita. L’organizzazione seguiva i finti sposi durante l’iter burocratico, fornendo assistenza e mezzi di sostentamento.

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Holding familiare. A dirigere e promuovere l’organizzazione era Laura Iadanza, 57 anni di Battipaglia, che si serviva dei suoi più stretti familiari e di due stranieri, Ackik Mustapha e El Haryry Badia, che svolgevano i ruoli di mediatore ed interprete di lingua araba. Soprattutto avevano il compito di reclutare i clandestini disposti a pagare per ottenere il permesso di soggiorno fingendo di sposarsi in Comune. Nell’associazione avevano ruoli Donatina Iadanza , sorella di Laura, Donatella Raso , figlia di Laura, e l’amica Daniela Maresca . Tutte agivano su delega di Laura Iadanza, reclutavano stranieri e trovavano gli italiani disposti a partecipare aimatrimoni fasulli.

La finta paternità
. Anche l’alterazione dello stato civile, attribuendo la paternità di una bambina, fu usata da un’indagata per favorire l’immigrazione di un clandestino, dietro il pagamento di corrispettivo.La donna risulta a pieno titolo nella holding che, tra il 2015 e il 2016, organizzò decine di finti matrimoni tra Battipaglia, Eboli e nel Nord Italia. La puerpera concordò con la Iadanza la falsa dichiarazione di paternità, permettendo al marocchino di ottenere la carta di soggiorno e favorendo così gli affari dell’associazione.

La falla nel sistema.
A far saltare gli equilibri dell’organizzazione fu il matrimonio fittizio e burrascoso celebrato il 22 settembre di due anni fa davanti all’ufficiale di Stato civile di Olevano sul Tusciano. Per renderlo più credibile, la Iadanza aveva suggerito di far ospitare per qualche tempo la finta sposa, una marocchina irregolare, nella casa del finto sposo. La convivenza non fu delle migliori. Fu il fratello del finto sposo a rivelare l’imbroglio ai carabinieri della locale stazione (grande!). E a rivelare che la straniera non era, di fatto, la cognata.