La pacchia è finita anche per Malagò: membro Unicef, e lui grida al fascismo

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Giovanni Malagò, che è presidente del Comitato Olimpico italiano dalle guerre puniche, ha lanciato un attacco scomposto al governo per la riforma del Coni – annunciata in poche righe nel documento della Manovra 2019 – che di fatto depotenzia il ruolo di potere dello stesso Malagò.

La riforma estromette il Coni dai processi economici e dalla gestione dei fondi destinati alle attività sportive. E questo per Malagò, abituato ad intromettersi, è intollerabile.

«Il governo ha un’idea sbagliata e profondamente ingiusta – ha dichiarato Giovanni Malagò nel suo intervento in apertura del Consiglio nazionale straordinario -. Che non rispetta la grande storia del Coni. Nemmeno sotto il fascismo ci si era spinti a tanto». Il governo, attraverso poche righe, ha espresso l’intenzione di istituire la «Sport e Salute spa», una società che fa riferimento al Ministero dell’Economia e delle Finanze, per la gestione dei 400 milioni di euro che lo Stato destina al Coni ogni anno per le proprie attività. In pratica – e di questo si lamenta Malagò – sarà una società partecipata al 100% dallo Stato a gestire i fondi da destinare alle varie Federazioni.

«Non chiamiamola riforma, questa è l’occupazione del Comitato Olimpico. Vogliono trasformarci in un tour operator», ha tuonato Malagò che ha sottolineato l’incongruenza storica utilizzata dai membri del governo che hanno portato avanti questo (silenzioso) progetto di cambiamento al vertice dello sport italiano: «Il Coni è senza dubbio il comitato olimpico oggi più prestigioso al mondo, con la riforma del governo diventerebbe senza dubbio l’ultimo».

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Molto prima che Malagò diventasse presidente del Comitato olimpico nazionale, il suo circolo era diventato una Hall of fame che ha surclassato club di tradizione come l’Antico tiro a volo. Finanzieri, banchieri, imprenditori, politici desiderosi di stare insieme fra uguali chiacchierano di quisquilie o di affari sotto l’egida dello “spirito Aniene”. Intra moenia, nei locali della clubhouse, nella chiatta inaugurata questa estate per le cene sul fiume, nel prato vigilato dalle oche capitoline, ci si dà del tu come ai tempi degli antichi romani, in una sorta di egualitarismo fra ottimati. Lo sfottò è di prammatica.

Quando ha debuttato Luca Cordero di Montezemolo, dai compagni sauna gli fu chiesto come volesse essere chiamato, se Luca oppure Cordero oppure Montezemolo oppure, meglio ancora, Di. Chi ha il cognome che rima con quello dei fratelli Angelucci (Giampaolo, Alessandro e Andrea) è classificato nel gruppo degli “ucci”.

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Può suonare divertente oppure no ma la forza, anzi, lo “spirito Aniene” sta nell’abbinata fra cazzeggio e attenzione estrema alla sostanza degli affari.

Nessuna legge vieta di trovarsi negli spogliatoi a parlare di Olimpiadi e affari immobiliari, piuttosto che dell’ultimo derby Roma-Lazio. La quota di costruttori e immobiliaristi iscritti al circolo è la componente dominante, come lo è per il settore imprenditoriale a Roma: i Caltagirone, i Toti, Massimo Caputi, Pietro Salini, Duccio Astaldi e Paolo Bruno. Nel circuito delle alleanze può capitare di passare per fasi di contrasto, come quella che divide gli anienisti Luca Parnasi e Francesco Gaetano Caltagirone, molto poco presente al circolo, sul nuovo stadio della Roma. E Giancarlo Abete, fratello minore del presidente Bnl Luigi, è in freddo con Malagò per questioni di politica sportiva.

Molto bipartisan è il settore parlamentare, in equilibrio di forze fra centrosinistra e centrodestra. L’idea è di essere sempre filogovernativi, come la vecchia Fiat di Gianni Agnelli. Con Letta al governo, l’Aniene era lettiano. Con Renzi, l’anienista Salini promette di lasciare l’Italia (non il circolo) se al referendum vincerà il no.

Tranne quando il governo è un governo di rottura. Un governo rivoluzionario. Allora cambia tutto.

Ed è ovviamente una casualità che Malagò, cellula di un’estesa rete di potere, sia membro del direttivo di Unicef Italia. Proprio Unicef Italia che, ormai da mesi, si rifiuta di denunciare il cognato di Renzi, unico mezzo che potrebbe restituire ai bambini i soldi sottratti:




Un pensiero su “La pacchia è finita anche per Malagò: membro Unicef, e lui grida al fascismo”

  1. Malagò è anche quello che ci fa vedere dei negri vestiti di azzurro e ce li spaccia per il futuro o peggio la parte migliore della nostra gioventù.

I commenti sono chiusi.