Milano, migranti in fuga da Salvini: “Temono espulsioni”

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Trasformato dal Pd in un hotel per sedicenti profughi, il centro di via Corelli, a Milano, tornerà ad essere un Centro di identificazione ed espulsione (Cie) dal 15 novembre.

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L’obiettivo di Matteo Salvini è aprire la nuova struttura milanese «entro la fine dell’inverno», insieme ad altri quattro centri simili in altre parti d’Italia, e triplicare il numero di centri per le espulsioni entro l’anno prossimo. Solo così si potranno moltiplicare le espulsioni dei clandestini.

E così è iniziato l’esodo dei finti profughi da via Corelli, che in parte se ne sono andati facendo perdere le tracce. Venivano mantenuti dai contribuenti, ora la pacchia è finita, e fuggono da Salvini.

«Sono rimaste circa 370 persone, una cinquantina sono già andate via spontaneamente», spiega Baudouin Ndjali, originario della Repubblica Democratica del Congo, dipendente della società francese Gepsa che gestisce il centro assieme all’associazione culturale di Agrigento Acuarinto, e delegato della Filcams-Cgil.

Questi sono i ‘dipendenti’ che perderanno il lavoro secondo le Coop. Ottimo.

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«Non sappiamo dove si trovino attualmente – prosegue – avevano paura di essere espulsi e hanno preferito allontanarsi, finendo sulla strada».

Lavoratori e sindacalisti Filcams, sul piede di guerra, si riuniranno in presidio giovedì 15 novembre, giorno della chiusura del Cas, davanti a Palazzo Pirelli, sede del Consiglio regionale della Lombardia: «Circa settanta persone che lavorano nel Cas rischiano di perdere il posto – piagnucola Corrado Mandreoli, della Cgil – oltre alla totale incertezza su dove verranno collocati i migranti ospiti del centro. Si ritorna a un modello che non ha funzionato, perché il Cie era divenuto un carcere senza regole, un contenitore senza via d’uscita».

I centri devono essere carceri. I clandestini non si devono muovere fino all’uscita.

E fino a che non dicono chi sono e da dove vengono. Anche perché con il decreto Sicurezza la durata massima del trattenimento nei Centri di permanenza e rimpatrio raddoppia, da 90 a 180 giorni.