A leggere del tragicomico ‘test’ concepito da tal Murgia (quella cosa in foto) per l’Espresso, che misura l’indice di ‘fascismo’, al di là dell’ossessione sempre più delirante verso qualcosa che non c’è da quasi un secolo, c’è da tenere conto del pericolo ‘schedatura’.
Niente è anonimo su internet. E viene in mente quanto fatto da Cambridge Analityca: uno dei modi di raccogliere dati era proporre agli utenti di facebook un test politico. E forse a questo si è ispirata la Murgia.
CA lo faceva, e avvisava dell’intento nonostante le polemiche successive, per raccogliere i dati degli utenti che poi rivendeva ad attori politici a seconda dell’ideologia che il test rivelava.
Per chi fa pubblicità – o peggio -, avere a disposizione i dati legati all’opinione politica di qualcuno è una manna. Ad esempio, quelli dell’Espresso – o chi per loro -, potrebbero ritrovarsi con un database di centinaia di migliaia di individui classificati in base a quello che pensano sulle varie domande alle quali hanno risposto. Questo database potrebbe poi essere rivenduto a partiti politici. Ma potrebbe anche essere usato in altro modo.
Il sondaggio è gestito dalla società SurgeyMonkey che sul suo sito parla dell’ormai demenziale GDPR, il cervellotico e inutile regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione europea. Ma menzionare la GDPR non significa nulla.
Partecipando al sondaggio, si lasciano tracce come numero IP, geolocalizzazione e, nel caso dello smartphone, anche il numero di telefono.
Così il nome e cognome di chi partecipa al test potrebbe essere associato alle risposte, risalendo all’identità attraverso l’IP e finire nelle mani di partiti politici o altre entità. Magari organizzazioni tipo quella di Soros. O peggio.
Dopo il #Fascistometro di #espresso , il #coglionometro di #Marione
😁 pic.twitter.com/80psYiPIOY— Mitologèma ♏️ (@BluDiChina) 1 novembre 2018
E sentite cosa dice l’avvocato Massimo Melica, esperto in diritto applicato alle tecnologie, ad AI: “Sappiamo che navigando sul web lasciamo delle tracce come numero IP, geolocalizzazione, addirittura nel caso dello smartphone anche il numero di telefono. In calce al sondaggio manca del tutto una informativa sul trattamento dei dati. Vero è che risulterebbe anonima la partecipazione ma sappiamo che i dati di navigazione possono essere sempre tracciati, lo saranno anche in questa occasione? Questo non è dato sapere, proprio per la mancanza di una idonea informativa. Al termine del sondaggio c’è un mero link alla Società che gestisce il servizio, collegandosi si accede al sito dell’azienda in cui, oltre a decantare la qualità dei servizi offerti, anche in ottica privacy, non fornisce sullo specifico sondaggio alcun chiarimento. Concludendo, la ratio della norma sulla protezione dei dati personali impone uno specifico trattamento per la protezione di quei dati che possano rivelare lo stato di salute, il sesso, le convinzioni religiose e politiche della persona, nel caso in esame questa protezione non c’è stata. Il Garante privacy farà bene ad attivarsi d’ufficio per un accertamento in forza dei suoi poteri.”
Beh, considerando il fascino, il magnetismo e l’avvenenza della tizia (come evidenziato dalla foto di sé stessa – da supporre fra le meglio riuscite, in quanto da lei medesima postata – ed altre), è quasi comprensibile che costei tenti accanitamente di rendersi interessante escogitando un qualunque modo alternativo.
Il fine, si sa, giustifica i mezzi.
Ma non sempre è così.
Sul suo profilo dichiara “Leggo”. Sarebbe utile, in primis per lei, che continuasse a farlo a tempo pieno invece di sprecare vana fatica a sparar fesserie.