“Sono nipote di Kyenge”, e il giudice libera il picchiatore

Vox
Condividi!

Cecile Kyenge, una delle responsabili morali della morte di Pamela e Desirée, interviene sulla morte della povera ragazza italiana, e attacca chi “tenta di strumentalizzare a proprio vantaggio, attraverso beceri tentativi di propaganda politica”.

Ma, in questi giorni, a proposito di congolesi, c’è registrare la storia del pugile che si dice “nipote di Kyenge” e dopo un semplice patteggiamento viene liberato. Nonostante abbia pestato degli agenti e sia sotto processo per violenza sessuale.

VERIFICA LA NOTIZIA
Vox

La stretta di mano con uno degli agenti che aveva aggredito il giorno prima è l’epilogo di una vicenda con sfumature quasi surreali. Venerdì aveva aggredito una bigliettaia sul treno e tre agenti, li ha presi a pugni, ha costretto un treno a fermarsi e fatto scendere decine e decine di passeggeri. Un’ora di follia. Ieri la convalida dell’arresto, il patteggiamento a 1 anno e 4 mesi con pena sospesa. Era assistito dall’avvocato Luca Bartolini. E ora è libero.

Una storia personale che si mescola ad altri processi e al racconto di subire discriminazioni razziali, la miccia che avrebbe acceso la sua rabbia. Il caso è quello di Mondele Mambulu Matuka, detto Dalì, un 30enne congolese con cittadinanza italiana, arrestato per lesioni e minacce a pubblico ufficiale. Venerdì era sul treno che da Senigallia avrebbe dovuto riportarlo a casa a Cesenatico. La bigliettaia ha chiesto di poter vedere il titolo di viaggio, e lui, pur avendo il regolare biglietto obliterato non l’ha mostrato. Ha iniziato ad aggredire prima verbalmente la donna, poi fisicamente. Così sono intervenuti tre agenti pendolari in borghese. Un carabiniere forestale e due poliziotti.
Dalì si è spogliato a torso nudo dicendo di essere un pugile. E lo ha anche dimostrato assestando dei pugni agli agenti. E’ infatti nella categoria under 69 kg. Dice di essere il nipote di Zulù, noto boxer pesarese. E ha persino detto di essere nipote dell’ex ministro Kyenge. All’uscita dall’udienza Dalì, così chiamato forse per assonanza col pugile Mohammed Alì, ha salutato gli agenti e ha ammesso: «E’ da ieri che chiedo scusa, non ricordo nulla di quanto successo, mi si è annebbiato il cervello. È stato come entrare in una stanza buia». Il congolese martedì è stato prosciolto dall’accusa di lesioni, ma ha ancora in piedi una causa ad Ancona che lo vede accusato, da parte di una donna più grande, di violenza sessuale.

Ovviamente non sarà suo nipote. Ma sicuramente non è italiano.




2 pensieri su ““Sono nipote di Kyenge”, e il giudice libera il picchiatore”

I commenti sono chiusi.