Come abbiamo scritto più volte, il problema di Lodi non è tanto la mensa, quanto il fatto che ci siano 200 figli di immigrati in una scuola. Ci stanno invadendo.
E se volete scoprire cosa significa sostituzione etnica, andate a Milano.
Nelle scuole dell’infanzia della città, il numero degli stranieri supera il 90% nelle periferie. Sia perché sono tanti, sia perché gli italiani non entrano nelle graduatorie: in pratica paghiamo le tasse per dare servizi ai figli degli immigrati e poi siamo costretti a mandare i nostri negli asili privati.
E se poi un sindaco applica una ‘clausola Lodi’, è razzista. Invece serve una ‘clausola Lodi’ a livello nazionale: altrimenti che significa, ‘prima gli italiani’, Salvini?
Milano è città sempre più multietnica. Al primo gennaio 2018 gli stranieri che risiedono all’ombra della Madonnina sono oltre 260mila – 262.521 per l’esattezza – e rappresentano il 19,2% della popolazione totale della metropoli.
Dieci anni fa, nel 2008, erano 175.997 (13,5%). I numeri li dà Tuttitalia (elaborandoli su dati Istat), che specifica anche come la comunità più numerosa sia quella filippina (15,6%), seguita da quella egiziana (14,3%) e cinese (11%). A livello di provenienza, l’Asia vale il 40% degli immigrati, l’Africa il 22%, il resto dell’Europa il 20% e le Americhe il 18%.
Bene, fatta la doverosa premessa, c’è qualcosa che non va in alcune scuole dell’infanzia della città. Per esempio, negli asili di certe zone periferiche – Mompiani, Monte Velino, Bruzzano-Affori, via Padova e Gorla –, dove la percentuale di bimbi stranieri si avvicina al 100%, le maestre faticano a farsi capire, anche dagli stessi genitori, che masticano poco e male la lingua italiana. E l’amministrazione Sala (questo luglio) ha pensato bene di programmare il taglio di ben dodici unità educative, traduttori e mediatori culturali compresi, fondamentali per la comunicazione e per l’educazione. In altre scuole dell’infanzia, invece, i figli di non madrelingua non sono l’80% o il 90% del totale, ma oscillano comunque tra il 30% e il 70%.
Abbiamo chiuso i porti. Ma deve essere solo l’inizio. O sarà la fine dell’Italia, che diverrà un’appendice afroislamica.
Urge il blocco dei ricongiungimenti familiari, vero motore dell’aumento degli immigrati in una catena che inizia con i presunti figli e non finisce più.