Figlio terrorista rosso minaccia Salvini: “Verrai appeso a lampione”

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“Salvini, fai un gesto nobile. Sparati in bocca. Ps: prima o poi verrai appeso a un lampione, ne sei consapevole?”.

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Così, su Facebook, scrisse Valerio Ferrandi, giovane estremista della sinistra milanese e leader della cosiddetta area anarchica, replicando ad un post del segretario della Lega Matteo Salvini, il 25 aprile del 2016.

E mentre Facebook non è intervenuto – tutti sappiamo perché – l’estremista è ora a processo con l’accusa di diffamazione e minacce. Procedimento nel quale lo stesso Salvini si è costituito parte civile, chiedendo all’imputato 20mila euro di danni che poi verranno donati ad associazioni caritatevoli.

La prima udienza del processo a carico del giovane si è tenuta oggi davanti al giudice Giuseppe Vanore e il prossimo 30 gennaio sarà sentito il leader della Lega.

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“In una giornata sacra come il 25 aprile – ha provocato fuori dall’aula Ferrandi, figlio di Mario, già terrorista di Prima Linea, l’uomo che sparò e uccise nel ‘77 il vicebrigadiere Antonino Custra – il signor Salvini dovrebbe evitare le consuete provocazioni. La mia non era una minaccia ma un invito a studiare la storia per evitare che si ripeta”.

“Sparati e verrai appeso” non è un invito a studiare, è una minaccia di morte.

Ps. Per noi la libertà di espressione è sacra, per questo non abbiamo mai denunciato chi ci minaccia di morte o ci offende sui social o via mail. Potremmo cambiare idea in certi casi.