Ora Saviano è diventato come la Boldrini. Scrive lettere.
Ne ha scritta una al Fatto nella quale se la prende col povero ministro Toninelli, definito “burattino nelle mani di Matteo Salvini”. E parla di “politica degenerata” che non fa “alcuna differenza tra vita e morte, tra dignità e mancanza di diritti, tra legge e illegalità” e opera “nella maniera più becera possibile, creando paura e armando disperati contro altri disperati”.
I famosi disperati africani, che coi barconi fuggono dalla noia.
Poi si dispera anche lui, per quella che sa essere la fine del traffico: “L’orientamento del governo di delegare unicamente ai libici la gestione dei salvataggi in mare è folle e criminale”, scrive, attaccando la ripresa dell’accordo stretto a suo tempo tra Berlusconi e Gheddafi.
Non manca la difesa della Ong: “Non c’è una sola prova di legame fra trafficanti e Ong”, sostiene Saviano, “In special modo dopo il fallimento giudiziario delle elucubrazioni di Carmelo Zuccaro, ma a Toninelli e al suo burattinaio fa comodo fare disinformazione e continuare ad alimentare falsi sospetti verso chi salva vite e in più è testimone degli esiti criminali degli accordi tra Italia e Libia. Le Ong hanno più volte effettuato salvataggi in quell’area in passato, anche con il coordinamento del Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo di Roma, visto che i libici non erano in grado di farlo e non lo sono neanche adesso”.
In realtà, ma tutti conoscono il pressappochismo di Saviano, le inchieste di Zuccaro sono vive e vegete, e ve ne accorgerete tra qualche mese, forse prima della fine dell’estate, quando qualche grande nome verrà coinvolto.
La fine della missiva definisce tutta la disperante impotenza di Saviano: “manifestando il più profondo disprezzo, umano e politico, per questa caricatura di ministro”.
Tranquillo, il disprezzo è ricambiato. Ma continuiamo a chiederci: perché la scorta, da chi deve essere protetto, Saviano, se non dalla furia del popolo?