Una vera e propria madrassa nel cuore di Roma. Dove si applicavano tipici metodi islamici per insegnare il Corano ai bambini.
Insegnava il Corano ai bambini a lui affidati con metodi violenti: li offendeva, li minacciava di morte, utilizzando anche il manico di una scopa a scopo intimidatorio, con percosse che hanno provocato lesioni sul corpo dei bambini e crisi di pianto.
Per questo motivo, nella mattinata del 3 luglio, la IV Sezione della Squadra Mobile della Questura di Roma, al termine di una complessa indagine coordinata dal Procuratore Aggiunto del gruppo “violenza” della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma dottoressa Maria Monteleone, ha eseguito l’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del maestro di corano, un cittadino del Bangladesh di 28 anni.
L’attività investigativa ha avuto inizio nel mese di gennaio a seguito della segnalazione alla Polizia di Stato, da parte di alcuni vicini della madrassa abusiva: durante lezioni a domicilio di religione islamica tenute dal maestro tre volte a settimana, in uno stabile nel quartiere romano di Torpignattara. Zona islamizzata con moschee abusive e, ora, apprendiamo anche di madrasse.
Le immagini visionate dagli inquirenti hanno confermato ed evidenziato i metodi non convenzionali usati dall’insegnante che, davanti alle difficoltà di apprendimento dei due minori, li offendeva, li minacciava di morte, utilizzando anche il manico di una scopa a scopo intimidatorio, con percosse che hanno provocato piccole lesioni sul corpo dei bambini e crisi di pianto.
Il maestro di corano è stato rintracciato in strada mentre si dirigeva presso l’abitazione di un’altra famiglia della comunità bengalese per tenere lezioni di islam, ed è stato arrestato.
Ai genitori dei minori maltrattati – complici – è stata notificata la misura cautelare dell’obbligo della presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria, come monito per aver “accettato” i metodi brutali e violenti dell’insegnante di islam, concorrendo, per tale aspetto, nel reato a lui contestato.