L’Italia vince senza i Neri, da sempre

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Parliamoci chiaro, i Giochi del Mediterraneo, seppur a torto, non li ha mai considerati nessuno. Si tratta però di una manifestazione sportiva multidisciplinare promossa nel 1948 a cui partecipano tutte le nazioni che si affacciano sul Mare Nostrum, ad eccezione di Palestina e Israele. La storia di questo evento parla chiaro: dopo diciotto edizioni l’Italia è ampiamente in testa. Il medagliere, aggiornato all’ultima edizione del 2018, ci vede appunto al primo posto con un totale di 2303 medaglie conquistate (876 ori, 740 argenti, 687 bronzi). Ci “tallona”, da seconda, la Francia che ha quasi 600 medaglie in meno dell’Italia (631 gli ori vinti dai cugini transalpini). Dall’edizione del 2005, disputatasi in Spagna come quest’anno, abbiamo sempre vinto noi.

“L’Italia continua a dominare i giochi del Mediterraneo”, scriveva la Gazzetta dello Sport due giorni fa, tenendosi sull’ovvio. Peccato che la stessa “rosea” si lanci oggi nel solito sermone politicamente corretto quanto stucchevole ed errato, titolando così un pezzo: “Atletica, la 4×400 donne è una meraviglia. E uno spot per l’Italia multirazziale”. L’articolo ci regala più che altro una propaganda politica strappalacrime per commossi radical chic in vacanza in Kenya: “Questo trionfo della 4×400 – scrive la Gazza – ha assunto rapidamente un valore enorme, dal grande impatto che i social hanno fatto diventare virale. Perché questa 4×400 mette insieme tutta l’Italia multirazziale e multiculturale dei nostri giorni. Giorni caldi, in Italia, su certi temi”.

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Ha ragione Palazzini del Primato Nazionale. E comunque, avete mai sentito di una mamma che adotta il più bravo della classe del proprio figlio? Sarebbe lo stesso pensare alla naturalizzazione per convenienza sportiva, anche qualora fosse una vera convenienza.

Non per niente, questa è la teoria dell’amico di Parnasi. Per loro, anche lo sport è convenienza.

E non vi pare un gesto colonialista, saccheggiare atleti dei Paesi poveri? Non vi pare eticamente scorretto? Lo sport insegna che si deve raggiungere il massimo con i propri mezzi, naturalizzare altrui atleti è la negazione dello sport. Chiamatelo “doping razziale”, anche se non porta vantaggi.