Espulso il padre degli stupratori Rimini: “E’ in Italia solo a scroccare”

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Fuori dall’Italia subito il padre dei due fratelli marocchini residenti a Vallefoglia che nell’agosto scorso hanno stuprato a Rimini, guidati dal profugo congolese Guerlin Butungu, una ragazza polacca e un trans peruviano.

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Mohammed Louennous, 51 anni, marocchino, in base ai reati commessi dal ’90 al 2015: «Furto, oltraggio, falsa attestazione di identità, furto continuato, guida in stato di ebbrezza, spaccio di droga continuato, porto d’armi, evasione, ancora evasione, furto, furto in abitazione, furto tentato e furto in abitazione, reingresso illegale in Italia».

Questa è la gente che facciamo figliare in Italia.

L’immigrato, attualmente in carcere con un residuo di pena di un mese, ha fatto appello contro il decreto di espulsione del quindici gennaio scorso al tribunale di sorveglianza di Ancona, motivando la richiesta di voler «stare accanto ai figli per assicurare il diritto ad un armonico sviluppo in un ambiente che ne garantisca il benessere psico-fisico».

Il tribunale di sorveglianza di Ancona, presidente Anna Bello si è fatta una risata e ha ribadito l’espulsione come «misura alternativa al residuo di pena che gli rimane da scontare in carcere (1 mese)».

«…L’innegabile lungo curriculum penale, l’atteggiamento polemico e puramente rivendicativo nei confronti delle istituzioni, l’oggettivo comportamento disfunzionale dei figli evidenziano che l’esempio paterno ha dato causa o contributo alla cattiva formazione dei figli minori».

«Si rimarca quanto già osservato dal tribunale dei minori, cioè che il condannato è in Italia solo con l’intenzione di ottenere sovvenzioni in denaro, assistenza e simili senza lavorare, senza integrarsi, senza aderirire ai valori propri della cultura italiana e nemmeno a quelli universali di onestà, laboriosità e rispetto delle istituzioni, osservati anche nel suo Paese d’origine. In particolare risulta essersi opposto alle forze dell’ordine anche dileggiandole, rivendicando solo prestazioni in denaro. Inoltre i risultati della ‘educazione’ impartita ai figli sono emersi oltre che con l’intervento disposto dal tribunale dei minori, soprattutto con gli stupri di gruppo commessi da due dei suoi figli minori l’anno scorso sulla riviera romagnola. E se è vero – concludono i giudici del tribunale di Sorveglianza – che l’uomo ha collaborato per la costituzione dei figli è anche vero che egli ha rilasciato dichiarazioni ai media strumentalizzando i gravissimi fatti di cronaca per ottenere visibilità e rivendicare vantaggi e sussidi economici».

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Nello stesso momento, il difensore (avvocato Marco Defendini) aveva fatto ricorso anche alla Corte d’Appello contro il provvedimento del tribunale dei minori che ne aveva decretato l’espulsione il 26 ottobre scorso. Anche il secondo grado ha ribadito l’espulsione dal territorio nazionale del padre dei due reclusi «perché si esclude che il Louennous sia una valida figura di riferimento genitoriale, non avendo mostrato alcuna capacità educativa nei confronti dei figli, neppure manifestando il nucleo familiare una seria volontà di integrazione nel tessuto sociale italiano». La Corte d’Appello ricorda che il «provvedimento di espulsione non si pone in contrasto col diritto all’unità familiare, che nel nostro ordinamento non si configura come assoluto, pertanto il decreto di espulsione è confermato».

Questo dovrebbero impararlo anche i magistrati rossi che, con la scusa dei figli, non espellono gli spacciatori clandestini.

Dice l’avvocato difensore Marco Defendini: «Con la decisione del tribunale di Sorveglianza, il mio assistito potrebbe essere prelevato dal carcere in ogni momento e caricato su un aereo per il Marocco. E così anche la moglie, che è ugualmente espulsa. Ma potrebbero tornare tra dieci anni».

Non ci contare, tra dieci anni sarà un’Italia non accogliente per gli immigrati di ritorno.

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