Giornalista anti camorra (senza scorta) svergogna Saviano: “Camorristi esaltati dai tuoi romanzi”

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Dal Blog di Andrea Volpi:

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Luciana Esposito è una giornalista napoletana, originaria di Ponticelli, un quartiere difficile, conosciuto soprattutto per le plurime vicende di cronaca nera che incessantemente si susseguono. Luciana ha voluto dare risalto al quartiere in maniera diversa e per questo ha fondato “Napolitan” il suo progetto editoriale indipendente, attraverso il quale non ha raccontato solo camorra e malapolitica, ma ha provato a combatterle e denunciarle. Questo, fin qui, gli è valso due aggressioni fisiche, un lungo esilio forzato lontano da Napoli, una querela e una mole impressionante di minacce ed intimidazioni con le quali tutt’oggi è costretta a convivere.

Luciana pubblicò una lettera indirizzata a Roberto Saviano nella quale lo ha reso piccolo piccolo di fronte alla realtà e alle necessità di Napoli.

Romanzare la camorra sta mietendo più danni dell’affiliazione stessa, ma per rendertene conto dovresti vivere Napoli da Napoli.

I giovani camorristi che prima di andare a fare “le stese” si riuniscono in cerchio e urlano “le frasi di Gomorra” per motivarsi, l’emulazione fisica e comportamentale dei personaggi della serie, non solo da parte dei camorristi, la riproduzione fedele della casa di Don Pietro Savastano voluta da un boss, i ragazzini che ripetono fino allo sfinimento “le frasi tormentone” della serie, mentre giocano a pallone o ai videogiochi: per questo genere di “mostri”, Napoli deve “ringraziare” te.

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E sarebbe opportuno ed anche estremamente interessante che fossi tu ad analizzare “l’effetto di Gomorra sulla camorra”.

Sei bravo a forgiare la realtà a immagine e somiglianza dei tuoi interessi, ma in questo caso, non ci provare: gettare fango non è “raccontare”, ma raccontare una realtà falsata per andare incontro a delle esigenze che nulla hanno da spartire con la ricerca e la denuncia della verità.

Nessun napoletano avulso dal sistema camorristico ha mai contestato il lavoro e le inchieste di noi giornalisti presenti sul campo, anzi. Quello che, fin qui, mi ha dato la forza necessaria per non mollare è proprio l’incoraggiamento dei tantissimi napoletani desiderosi di liberarsi dalle angherie della camorra.

Non giriamoci troppo intorno: la tua lotta Anticamorra, nasce e si sviluppa per alimentare un business ben preciso e questo i napoletani lo hanno capito ed è più che legittimo che ti chiedano di cambiare registro e prendere una posizione netta: o romanziere o “detentore di verità assolute e inconfutabili”, non posso chiamarti giornalista perché non lo sei ed è bene ricordarlo. Nel caso in cui tu scelga di servire la verità, liberati da forzate ipocrisie, rimboccati le maniche e scendi in trincea insieme a noi, perché lo ribadisco: la tua vita non vale di più della mia e di quella di migliaia di giornalisti che ogni giorno rischiano la vita in nome di un ideale e che per questo non si sentono degli eroi né si aspettano che il mondo si fermi per tributargli una standing ovation.

Se dovesse accadermi qualcosa, tu sei una di quelle persone dalle quali desidero ricevere solo indifferenza: vedermi appioppare uno dei tuoi sermoni, vorrebbe dire gettare fango prima sul mio cadavere e poi sulla credibilità del mio lavoro, più silenzioso del tuo, ma, anche assai più sincero e disinteressato.

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