Massacrato a morte per una birra, sconto di pena per tunisini

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Da quasi trent’anni complessivi di carcere, ad un totale di diciotto. Di fatto un sostanzioso sconto di pena in Appello, per i due tunisini che la sera 26 dicembre 2015 uccisero a calci e pugni il ragazzo italiano Gino Toni Bellomo.

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Un Santo Stefano di sangue nel pieno centro di Terracina, presso un bar di piazza Garibaldi, sotto gli occhi dei numerosi testimoni. E tutto per una birra.

Prima di essere aggredito a morte venne stordito con uno spray urticante e colpito con una bottiglia al capo. Un omicidio per cui i carabinieri individuarono due giovani tunisini, poi consegnatisi accompagnati dal legale di fiducia.

Hawari Saadoui e Mahdi Souhi, all’epoca dei fatti rispettivamente 23 e 22 anni, successivamente giudicati con rito abbreviato (quindi sconto di 1/3 della pena) e condannati in primo grado a una pena di 14 anni e 8 mesi di reclusione a testa. Omicidio volontario, il reato contestato, col giudice del Tribunale di Latina Mara Mattioli che, nell’esprimersi, accolse in maniera integrale la richiesta di condanna formulata dal pm Claudio De Lazzaro, corroborata da riscontri testimoniali e dalle preziose immagini di alcune telecamere.

Ora, per i due nordafricani, l’ulteriore riduzione della pena. A disporla, in seguito a un’udienza camerale tenutasi nei giorni scorsi, la prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Roma, presieduta dal dottor Calabria (a latere e in qualità di relatore c’era Giancarlo De Cataldo, il noto “magistrato-scrittore”).

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Si è proceduto all’accoglimento di alcune istanze presentate dal difensore di entrambi, l’avvocato Giuseppe Lauretti, escludendo l’aggravante rappresentata dai futili motivi e concedendo le attenuanti generiche. Pena riformulata: dieci anni per Souhi, otto per Saadoui, al quale è stata riconosciuta anche l’attenuante della partecipazione minima al pestaggio mortale.

La partecipazione ‘minima al pestaggio mortale’.

Le motivazioni della sentenza verranno rese note entro la fine del mese prossimo, ma il difensore degli assassini di Bellomo, per gli amici “Gininho”, sta già predisponendo un ulteriore ricorso per tentare di derubricare la contestazione della volontarietà: “Puntiamo al riconoscimento dell’omicidio preterintenzionale”.

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