Nella città dei ponti:
Arrivano i muri contro gli spacciatori. Lo Stato ha infatti perso, da tempo, il controllo del territorio. Le retate non sono sufficienti, perché quando spacciatori, vandali o piccoli criminali vengono fermati e denunciati spesso tornano in meno di una giornata a svolgere la stessa attività, nei medesimi luoghi.
E allora, per reazione, a Milano e in molti luoghi della Lombardia multietnica crescono i muri.
Una barriera di seicento metri dividerà i binari di Rogoredo dall’area conosciuta come il bosco dello spaccio.
In Brianza, per arginare le consegne di droga dal finestrino dei treni che attraversano le Groane è spuntata una lunga barriera. Ma gli effetti sono stati scarsi.
A Brescia, invece, è per arginare i vandali che al parco Venturini si è progettato l’ennesimo muro.
Il muro è in costruzione. Fine lavori: ottobre 2018. Se il programma comunicato da Rfi alla Prefettura verrà rispettato, tra cinque mesi comparirà una barriera di 600 metri lungo i binari dell’Alta velocità nei pressi della stazione di Rogoredo, periferia sud-est di Milano. Una misura estrema per un’emergenza che pare irrisolvibile: lo spaccio di eroina attorno alla mega area dello scalo ferroviario. Dopo i blitz in serie al famigerato boschetto di via Sant’Arialdo, la piazza di smercio più frequentata del Nord Italia e tra le più floride d’Europa per giro d’affari e quantità di stupefacente distribuito, i pusher nordafricani si sono spostati poco più avanti: su una spianata sormontata dai piloni della tangenziale, raggiungibile solo da un sentiero che attraversa un deposito delle Ferrovie.
E qui sta il problema. L’area è talmente ben protetta che le vedette degli spacciatori riescono a notare qualsiasi persona sospetta nel raggio di centinaia di metri: non appena spuntano all’orizzonte le macchine di carabinieri e polizia, i pusher si infilano tra le fessure create nella staccionata di cemento e attraversano i binari per sparire nel nulla, rischiando pure di finire arrotati in un punto cieco subito dietro una curva. La soluzione studiata nelle scorse settimane dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal prefetto Luciana Lamorgese, punta proprio a eliminare quella via di fuga ormai collaudata: un muro invece di una staccionata, una barriera impossibile da valicare piuttosto che una recinzione che finisce per diventare una protezione per i criminali. Il piano prevede anche l’installazione di 60 nuove telecamere di videosorveglianza, che potrebbero rivelarsi fondamentali anche per il lavoro di indagine delle forze dell’ordine.
Sarebbe tanto facile: un unico, grande muro alle frontiere. E non ne servirebbe nemmeno uno fisico, basterebbe bloccare e respingere gli immigrati.
Invece preferiscono rinchiudere in casa donne, anziani e bambini e riempire le città di muri. E’ la società multietnica.