Mafia nigeriana, a Palermo condanne per “Cosa nera”: brutali

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Dalla riscossione dei crediti allo sfruttamento della prostituzione fino al traffico di droga. Sullo sfondo riti di affiliazione e anche un pentito. Ce n’era abbastanza per parlare di una vera e propria organizzazione mafiosa. E così è stato per 14 dei coinvolti dell’operazione “Black Axe”, oggi condannati ad un totale di 87 anni di carcere, che nel novembre del 2016 portò in carcere 17 persone, 16 delle quali residenti a Palermo.

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Una banda tutta di nigeriani che faceva base a Ballarò, nel cuore di Palermo, ma aveva ramificazioni in tutta Italia dove, secondo la polizia, coordinata dalla Dda di Palermo, venivano gestiti gli affari.

Nel corso della operazione vennero individuati i vertici dell’organizzazione, oggi alla sbarra, che avevano messo su una “struttura verticistico-piramidale” (definizione normalmente utilizzata per cosa nostra), basata su rigide regole fatte di “battesimi”, riti di affiliazione dei membri e precisi ruoli all’interno della famiglia.

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Il personaggio più autorevole, Festus Pedro Erhonmosele, fu fermato a Padova. A Palermo, operava il “ministro della difesa” dell’organizzazione, Kenneth Osahon Aghaku, quarta carica nazionale, a cui era demandata la gestione delle punizioni dei disubbidienti, era in costante contatto con i vertici dei “forum” italiani.

Oggi le condanne decise dal gup Claudia Rosini. A 14 anni condannati Alaye Samson Obama e Ibrahim Yusif; 6 anni sono stati disposti per Kennet Osahon Aghaku; 6 anni per Steve Osagie; 6 anni per Sylvester Collins; 8 anni per Osayi Idemudia; 4 annie 5 mesi per Lucky Monye; 4 anni e 8 mesi per Evans Osayamwen; 4 anni e 5 mesi per Efe Airbe; 3 anni e 4 mesi per Edith Omoregie; 4 anni e 8 mesi per Vitanus Emetuwa; 4 anni e 5mesi per Victor Jude; 4 anni e 5 mesi per Nosa Inofogha; 2 anni e 8 mesi per Austine Johnbull.