Corsa contro il tempo per impedire al PD di fare 350 nomine

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Alle 10 del mattino, nello spiazzo che divide Palazzo Madama da Palazzo Giustiniani, il professore-senatore Alberto Bagnai, una delle teste d’uovo che Matteo Salvini ha conquistato alla sua causa, senza tanti fronzoli, arriva al punto che è alla base della nascita del governo grillo-leghista.

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«Non stiamo a parlare di programmi o di altro», spiega l’uomo che ha messo sul banco degli imputati l’Unione europea: «Noi al primo punto del programma avremmo potuto mettere anche l’incendio di Nerone. Non è quello l’importante. L’importante sono quelle 200-300 nomine, che stanno venendo a scadenza e che l’ineffabile governo Gentiloni, o qualcun altro, avrebbe tranquillamente messo all’incasso».

Non fatevi confondere dalla propaganda. Le nomine sono essenziali nel governare un Paese tanto quanto i programmi. Perché è non solo con le leggi, ma anche attraverso la burocrazia che si governa una società.

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Lasciare nominare all’attuale governo scaduto queste centinaia di nomine, significherebbe avere centinaia di burocrati sinistrati in grado di mettere i bastoni tra le ruote al cambiamento.

Perché le leggi si fanno, ma poi si devono applicare. E la rivoluzione è un cambiamento quotidiano che può essere frenato da centinaia di boiardi di Stato ‘ostili’.

Per questo non c’è nulla di moralmente sbagliato nel volere fare presto anche per questo: non possiamo lasciare che il PD, dal basso del suo 15%, nomini il nerbo della burocrazia che poi impedirebbe (in mille modi) al governo populista di procedere ad un vero cambiamento.