Lo spacciatore algerino che non può essere espulso

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Un’espulsione impossibile. Non basta una sfilza di condanne perché uno spacciatore algerino, tristemente noto a Vicenza e in mezza Italia per fatti di droga e di violenza, venga rispedito nel suo Paese: ogni volta che un poliziotto o un giudice ci prova, viene fatta valere una legge che ne vieta il rimpatrio. L’ultimo caso è emerso ieri, attraverso una sentenza della Cassazione, che ha accolto l’ennesimo ricorso presentato da Mohamed Amine Chelbi

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Non li ha sempre vinti tutti, questo 28enne che da anni fa parlare di sé le cronache beriche, ma evidentemente la pervicacia nel proporli ogni tanto dà i suoi frutti. Per esempio nel marzo del 2014 la Suprema Corte aveva rigettato la sua richiesta di ripristino dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, revocato a dicembre del 2013 in favore della custodia cautelare in carcere in quanto il magrebino si era reso irreperibile e continuava a delinquere: «La negativa personalità dell’imputato risulta lumeggiata dagli atti trasmessi dal pubblico ministero di Vicenza, indicativi di una attività delittuosa», aveva sottolineato il Tribunale della Libertà di Venezia.

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Eppure non viene espulso. Nonostante tutte le condanne.