Comdata: precarietà e delocalizzazioni, stiamo uccidendo il futuro

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I lavoratori di Comdata a Ivrea: «Vi raccontiamo la nostra storia perché presto potrebbe essere la vostra o quella dei vostri figli»

«Siamo un gruppo di lavoratori Comdata molto preoccupati per il proprio futuro. Vi raccontiamo la nostra storia perché in questo momento è la nostra, ma presto potrebbe essere la vostra o quella dei vostri figli. Siamo lavoratori impiegati (non per nostra scelta) nella commessa Tim, da sempre la più faticosa e stressante, nella quale a nostro giudizio vengono richiesti target praticamente irraggiungibili se si voglia lavorare in modo deontologicamente corretto, nella quale non viene fatta la formazione a nostro parere necessaria e ci si ritrova a dover far fronte ad una clientela sempre più scontenta e senza alcun mezzo per aiutarla, con la conseguenza che siamo spesso insultati e minacciati da chi chiama perché non siamo in grado di dare l’assistenza pretesa. Il clima nel nostro reparto anno dopo anno si è fatto sempre più pesante fino a rasentare atteggiamenti e malessere che a nostro avviso possono essere definiti “mobbing”.

A febbraio non sono stati rinnovati i contratti dei 230 lavoratori interinali in scadenza e si sono fatte sempre più insistenti le voci di una probabile FIS, fondo di integrazione salariale con meno garanzie della cassa integrazione. Ci è stato spiegato dai sindacati presenti in azienda che Tim ha richiesto uno sconto del 10-20% alle aziende che lavorano in outsourcing e che Comdata non avendo accettato non starebbe ricevendo i dovuti pagamenti da Telecom. Ci è stato detto che guarda caso per febbraio è stato previsto un calo di 300.000 chiamate e che quindi per far fronte alla situazione saremo obbligati ad esaurire tutte le nostre ferie ed i permessi retribuiti.

Nostro malgrado accettiamo tali disposizioni non avendo alternative e sperando in una veloce risoluzione, ma purtroppo dopo circa due settimane viene indetta un’assemblea straordinaria dai sindacati in cui ci viene comunicata la volontà dell’azienda di richiedere la FIS per 13 settimane. Ci spiegano che l’azienda vorrebbe chiedere FIS a zero ore per 363 persone (326 operatori e 37 dello staff) ma che loro hanno intenzione di lottare per ottenerla al 50%, che hanno buone speranze di ottenerlo e che in cambio l’azienda chiederà di farla partire ad inizio aprile anzichè a metà mese come da richiesta iniziale. Un discorso che fa capire anche ai meno smaliziati che purtroppo è già stato tutto concordato. Le richieste da parte dei lavoratori sono state molte: di mettere per iscritto che si lavorerà a settimane alterne in maniera da garantire a tutti l’uguale numero di giorni lavorati, di specificare un minimo di giorni lavorati al mese in maniera che ogni lavoratore possa continuare a maturare tredicesima ferie e permessi, di impegnare l’azienda in un progetto di formazione ed inserimento dei lavoratori in altre commesse (Comdata ha altre commesse quali Wind, Vodafone, Eni, Mediamarket, Juventus, ecc), di inserire le modalità in cui l’azienda potrebbe richiamare il lavoratore sul posto di lavoro e le tempistiche del rientro, di tornare con un’ipotesi di accordo da sottoporre a votazione da parte dei lavoratori impattati.

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NULLA DI TUTTO QUESTO E’ STATO RICHIESTO. Il 27 marzo 2018 è stato siglato un accordo tra azienda e sindacati senza alcuna garanzia e senza il mandato dei lavoratori. La FIS è stata richiesta a zero ore (con un accordo verbale sul 50% per il solo mese di aprile) fino al 2 luglio.

In un’assemblea surreale nessuno è stato in grado di dirci le reali intenzioni dell’azienda, se a maggio e giugno avremmo lavorato parte del mese, se gli assegni famigliari sarebbero stati mantenuti, le modalità in cui l’azienda potrebbe farci rientrare al lavoro per un’eventuale formazione, ecc. Ci è stato detto che dobbiamo tenerci a disposizione dell’azienda che potrebbe richiamarci entro 24 ore e che siamo tenuti a monitorare i turni in un programmino aziendale consultabile in internet autonomamente dando per scontato quindi che ognuno di noi abbia necessariamente una connessione internet a casa. I sindacati hanno accettato questa decisione firmando senza alcuna remora, senza uno sciopero, senza richiedere l’intervento del comune o della regione.

Nel frattempo nella commessa Tim assistiamo ad un salvataggio ed al passaggio di alcuni lavoratori in altre commesse secondo non si sa quale criterio di meritocrazia e veniamo a sapere che nessun componente dello staff effettuerà FIS differentemente da quanto indicato nell’accordo. Mentre qualche settimana fa ci venivano fatti i complimenti per aver saputo “tenere botta” data la situazione e aver comunque saputo gestire bene i clienti Tim, ora veniamo avvertiti del fatto che i target non vengono raggiunti e che “valendo poco” nessuno vorrà sistemarci in altre commesse con toni e modi che hanno generato in noi una forte sensazione di umiliazione e intimidazione. Si fanno insistenti voci di eventuali esuberi.

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Com’è possibile verificare effettivamente che per noi non ci sia più lavoro quando le chiamate vengono regolarmente dirottate in Comdata Romania? Com’è possibile che fino a due mesi fa ci fossero chiamate anche per quasi 300 interinali ed ora più nulla? Quali sono le responsabilità di Tim e quali di Comdata? Ci sentiamo persi, senza alcuna tutela, abbiamo paura per il nostro futuro, molti di noi hanno un’età superiore ai 30/40 anni, abbiamo famiglie da mantenere e mutui da onorare. Chiediamo solo di poter lavorare e di non venire sacrificati dopo anni di lavoro in condizioni già pesanti rispetto a quelle di altri nostri colleghi».

Non si costruisce una civiltà sulla precarietà globale. Ci possono essere settori più flessibili per un numero limitato di lavoratori adatti, ma ormai siamo molto oltre. Siamo alla precarizzazione della società che non può che portare al suicidio demografico: come aumenti le nascite se non c’è certezza di futuro?