Nel gennaio 2017, su richiesta dei genitori dei loro giovani calciatori, avevano giustamente negato ai sedicenti profughi della base di Conetta, “per ragioni di igiene e sanità pubblica” l’accesso al campo di calcio.
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Ieri ai dirigenti del Pegolotte, società veneziana di 3. categoria, il tribunale della Federcalcio ha presentato il conto con una pioggia di squalifiche a 14 dirigenti, per 34 mesi (oltre mille giorni) di divieto a svolgere ogni attività.
Mano pesante malgrado, nel frattempo, gli accusati finiti nel mirino della Procura Federale (attivatasi d’ufficio dopo il tam tam mediatico) abbiano chinato il capo e concordato «di impegnarsi ad organizzare momenti di confronto con la collettività e i calciatori ospiti del Centro di Accoglienza per l’integrazione».
Una sorta di ‘rieducazione’ alla cinese.
Il 18 gennaio 2017 sul cancello del campo sportivo “Don Mario Zanin” apparve la scritta: “Per ragioni d’igiene e sanità pubblica è sospeso l’accesso a questo impianto a tutte le persone accolte nel campo base di Cona”. Un divieto dovuto alle richieste dei genitori dei bambini tesserati nel club neroverde, tra i quali si era diffusa la paura di un contagio in seguito ai molteplici casi di malattie diffusesi nella base.
Oltre alla presenza di spacciatori, violenti e stupratori.
Ma, a quanto pare, i diritti dei bambini italiani vengono dopo quelli dei fancazzisti.
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