Clandestini Israele in Italia: Onu furiosa per accordo saltato

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Mesi di lavoro certosino per scaricare i clandestini di Israele in Italia. Un sforzo diplomatico cesellato fino all’ultima parola e reso nullo dalla protesta di alcuni ministri del governo di Benjamin Netanyahu ma, soprattutto, dalle dichiarazioni con cui il premier israeliano ha reso noto l’accordo firmato lunedì con l’Unhcr per il ricollocamento in Italia e altri Paesi occidentali di 16 mila dei circa 40 mila clandestini sudanesi ed eritrei che Israele vuole espellere.

Da Ginevra, dove l’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha la sua sede centrale, le vicende di queste ore vengono seguite con sbigottimento, quasi incredulità vedendo andare improvvisamente in fumo la possibilità per alcune migliaia di clandestini di essere ricollocati in Italia.

Un lavoro seguito personalmente dall’Alto commissario per i rifugiati, il famigerato Filippo Grandi, che non ha mai risparmiato critiche alla scelta di Israele di espellere i clandestini africani, e che sognava di portarli in Italia.

Da qui suonano vuote le smentite del governo italiano di essere a conoscenza delle trattative.

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«Le politiche di ricollocamento forzato sono sbagliate e controproducenti. Ci sono alternative possibili», aveva detto Grandi a gennaio. L’alternativa era l’Italia.

E per i media di distrazione di massa, i 3.500 dollari promessi ai clandestini da Israele diventano un ‘danno’.

[…] soldi che anziché aiutare rischiano di diventare una fonte di pericolo per la vita stessa dei profughi, trasformati in bersaglio della criminalità una volta trasferiti in un Paese africano (tra quelli di cui in passato si è parlato come possibili destinazioni ci sono anche il Ruanda e l’Uganda). Prede di criminali disposti a tutto pur di riuscire a mettere le mani su quel piccolo tesoro. Motivo per cui una volta deportati i profughi vivono letteralmente nel terrore di essere aggrediti.

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Insomma, troppi soldi. Rischiano di essere rapinati!

In realtà, molti hanno scelto di utilizzare il ‘piccolo tesoro’ per essere condotti in Libia e imbarcati su un gommone diretto in Italia.




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