Libia: altra nave Ong beccata da libici mentre preleva carico, respinta

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E’ ormai divenuta una prassi il tentativo delle ong di ‘razziare’ clandestini in Libia, anche quando stanno per essere imbarcati dalla Guardia costiera libica.

Dopo il caso Open Arms – nave della famigerata Ong spagnola che il 15 marzo è stata affrontata dai libici e poi finita sotto sequestro a Pozzallo per avere preteso di scaricare i clandestini in Italia – ieri la Aquarius di Msf-Sos Mediterranèe ha tentato di affrontare le motovedette di Tripoli.

Sabato 31 marzo, poco dopo le 10.30, mentre la nave dei trafficanti umanitari stava raggiungendo l’ennesimo gommone, è arrivato un messaggio dalla centrale della GC di Roma che affidava il coordinamento alla Guardia costiera libica e avvisava l’ong di non interferire con le operazioni dei libici. Già nei due giorni precedenti, giovedì e venerdì, Aquarius aveva effettuato altri fruttuosi prelevamenti di clandestini in Libia.

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In un caso era intervenuta una motovedetta di Tripoli, la 648 – la stessa del caso Open Arms, già coinvolta in uno scontro con altri trafficanti umanitari a caccia, quelli della Sea Watch, il 5 novembre dello scorso anno – ma i clandestini erano già stati caricati a bordo della Aquarius.

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Ma nell’intervento di sabato la nave dell’Ong è stata bloccata dal centro del comando generale della Guardia costiera prima ancora che i trafficanti umanitari potessero mettere le mani sul grosso del carico. Sono così riusciti a prelevarne ‘solo’ 39. Tutti gli altri clandestini, circa 90, sono stati recuperati dalla Guardia costiera di Tripoli, per essere riportati in Libia. In questo momento la nave Aquarius si trova in navigazione verso le coste siciliane e dovrà sbarcare lunedì alle ore 15 a Messina con oltre 290 clandestini.

Sarebbero stati quasi 400, non fosse stato per il segnale dato da Zuccaro con il sequestro della Open Arms.

Ma attenzione. Sul caso della Open Arms si è mosso il soccorso rosso di Magistratura democratica, l’ala estremista della magistratura politicante. Nella sua rivista “Questione giustizia”, in un pezzo a firma del sostituto procuratore generale presso la Cassazione, tal Stefano Perelli, si mette in dubbio l’applicabilità del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per chi partecipa a quelle che vengono definite operazioni di soccorso in mare.